Fabrizio Fabrizia significato onomastico origine nome
Il nome Fabrizio si è diffuso in Italia specie al nord e al centro a partire dall’ultimo periodo del Medioevo. Come molti nomi la sua radice proviene dal latino Fabricius, Fabricianus al femminile Fabricia. La più antica etimologia del nome sembra farlo risalire alla parola “fabbro” o faber. Probabilmente il nome potrebbe anche essere di origine etrusche. Un nome molto usato al maschile, meno usato nella versione femminile di Fabrizia. Andiamo a scoprire il significato, il giorno dell’onomastico, il numero fortunato del nome e la pietra.
Fabrizio Fabrizia Fabrice: significato, onomastico e numerologia del nome
La chiesa ricorda San Fabrizio Martire ed anche Fabriziano. Il nome “Fabrizio” indica una persona con grande personalità, forse anche troppa, tanto che convivere con lui può risultare difficile. Fabrizio è un nome che rifiuta l’obbedienza e di sottostare alle regole, seducente, spiritoso e allegro, ha sempre la battuta pronta ma rifiuta totalmente gli ordini gerarchici.
Metallo, pietra numero, colore e segno zodiacale del nome Fabrizio
Il metallo corrispondente è il liquido mercurio, mentre la pietra che appartiene a Fabrizio è il rubino, il colore il rosso, corrisponde al segno zodiacale dell’acquario e secondo la numerologia il suo numero fortunato è il 2 (la dualità).
Un nome comune molto in uso Fabrizio fu reso illustre dal Console di Roma Gaio Fabricius Luscino (III sec a. C.).
Varianti del nome Fabrizio, in altra lingua: Fabrice, Fabricio, Fabriciano
Onomastico Fabrizio
L’onomastico di San Fabrizio Martire a Toledo (insieme a San Filiberto) si festeggia il 22 di Agosto.
Fabrizio è un personaggio noto del romanzo poi divenuto film (1972), il padrino diretto da Coppola.
Fabrizio Corbera è il protagonista del noto romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa “Il Gattopardo”, infine, un altro protagonista di un noto romanzo porta il nome di Fabrizio, si tratta di Fabrizio del Dongo presente nel romanzo “La Certosa di Parma” di Stendhal.
Se vuoi scoprire il significato di altri nomi consulta il link sottostante:
Cascate del Verde Oasi Naturale a Borrello, Abruzzo
In Abruzzo, in provincia di Chieti, precisamente a Borrello, si trova l’oasi naturale delle Cascate del Verde. L’oasi delle cascate del Verde è nota per le belle cascate naturali che sono le più alte dell’Appennino.
Si tratta di cascate perenni che nel periodo estivo però tendono a “sgonfiarsi” di molto lasciando vedere un rivolo d’acqua poco corposo, ma pur sempre suggestivo per l’altezza da dove sgorga e cade.
Cascate del Verde Oasi Naturale a Borrello, Abruzzo – Ottobre 2021
Altezza cascate del Verde
I punti di osservazione delle cascate sono più di uno, e consentono di osservarle dalle varie altezze la caduta. Compiono ben 3 salti considerevoli da 30, 40 e 90 metri, precipitando per oltre 200 metri fino nella valle del Sangro.
L’ingresso al sentiero che conduce all’oasi naturale si trova presso un piazzalo servito da parcheggio, bar, servizi igienici, tavoli per picnic e botteghino per pagamento dei biglietti di ingresso. Presso la struttura vi è anche una piccola area attrezzata per i camper.
Tutta l’area è ben organizzata, il percorso curato a dovere, provvisto di segnaletica e aree picnic anche in altre aree interne all’Oasi.
Una delle aree sosta delle Cascate del Verde di Borrello
Fontana nel punto sosta all’ ingresso
Oasi Cascate del Verde e vegetazione
L’area dell’Oasi delle cascate di Borrello si estende per 287 ettari. Le cascate prendono il loro nome dall’omonimo torrente che scorre sospeso a 300 metri, solcando rocce calcaree e marne.
Il torrente Verde, in virtù della qualità delle sue acque, presenta elementi faunistici interessanti come il granchio e il gambero di fiume, per il quale è stato allestito a valle un incubatoio, e la trota.
La vegetazione e fitta e varia numerosi i nuclei di abete bianco che convive con lecci, castagni selvatici, acero opalo, ginepri e elementi tipici della macchia mediterranea e diversi licheni.
Lungo il fiume, si trovano i suggestivi salici piangenti, mentre le radure sono ricoperte da ginestre, rosa canina, prugnoli e anche diverse specie di orchidee selvatiche e ciclamini.
L’area della riserva intorno alle cascate rappresenta uno scrigno assai prezioso di biodiversità, in quanto vi si trovano rappresentate tutte le variazioni floristiche dell’intera fascia appenninica. Inoltre, sebbene l’intero territorio di riserva testimoni la presenza antica dell’uomo agricolo, nelle incisioni vallive e nei siti più acclivi, la presenza umana appare sporadica, così come la manipolazione ambientale, si scorgono infatti, lembi di foresta con una composizione botanica intatta e di grande valore.
Ruscello e vecchio mulino
Borrello Oasi WWF cascare del Verde
Fauna dell’Oasi: gatto selvatico e falco pellegrino
Oltre ad una ricca vegetazione locale, anche la fauna è ben sviluppata. Nell’ambiente acquatico si colloca l’habitat ideale del merlo acquaiolo ed anche della ballerina gialla. Nelle aree della riserva, in relazione alle diverse tipologie di vegetazione nidificano uccelli come lo sparviere e la poiana. Vi si trova anche il gufo comune ed il falco pellegrino, nonché il nibbio reale. Tra i boschi è facile scorgere il gatto selvatico e animali come la puzzola.
Nell’oasi vi sono sentieri, aree di osservazione panoramiche, ed aree adibite al ristoro e alla sosta. Nel periodo estivo la riserva ha tutti i servizi attivi mentre nei periodi di scarso afflusso rimane aperto il bar nella piazzale principale, il parcheggio e l’area camper ed i servizi igienici.
Euonymus latifolius – Celastraceae
Quercus Pubescens Wild Fagaceae
Cosa fare?
Noi siamo arrivati in tarda mattinata. La giornata non era fantastica, ma non pioveva. Era Ottobre. Abbiamo fatto una bellissima passeggiata immersi nella natura e osservato le cascate dai 3 punti diversi percorrendo i 214 gradini che portano ai 3 punti di osservazione.
La percorrenza è di media difficoltà, non adatta a disabili ed anziani. Passeggiare tra la natura, scendere verso il fiume dove si trovano i resti di un vecchio mulino antico, osservare la vegetazione è stato molto piacevole.
Vi è un altro sentiero che permette di raggiungere con 1 ora di cammino, o anche meno, una meravigliosa terrazza panoramica con vista mozzafiato su un canyon strepitoso. Al ritorno ci siamo fermati in un area picnic per pranzare.
Orari di apertura e biglietti Oasi e Cascate del Verde
L’Oasi della Valle del Verde è aperta in ogni periodo dell’anno. La chiusura è al tramonto.
L’ingresso è gratuito per i soci del WWF e per i bambini fino a 10 anni. Sopra i dieci anni il biglietto d’ingresso costa 2 euro, mentre per gli adulti il costo è di 3 euro.
Strada provinciale Borrello-Rosello a 1 km dopo Borrello, provincia di Chieti
Tel Info-point 389/6840840
Per info visite di gruppo, guide, visita del borgo – 0872/945022 (tutti i giorni 9:00/12:00 – 15:00/18:00)
Considerazioni personali
Leggendo le recensioni su Tripadvisor trovo pareri contrastanti circa l’esperienza. Ci tengo a precisare che la difficoltà dei percorsi è davvero soggettiva. Noi non siamo giovanissimi ma non abbiamo trovato i percorsi complicati o faticosi, ma senza dubbio, non sono adatti a tutti.
Perfetti per ragazzi, bambini, persone non pigre, e possibilità di fermarsi anche al primo punto di osservazione, o procedere oltre verso il secondo e terzo punto. Basta fare poche tappe per risalire i gradini senza troppa fatica.
Inoltre, il flusso dell’acqua delle cascate è mutevole: in relazione alle piogge e alla stagione potrete trovare molta acqua, o poca come l’abbiamo trovata noi ad inizio ottobre dopo mesi di siccità. Il bosco è comunque bello la vista ed i panorami fantastici e la passeggiata molto piacevole.
Roccascalegna e il Castello Medievale
Direzione Roccascalegna: il castello
Da li ci siamo diretti a visitareRoccascalegna ed il castello medioevale, ben conservato e davvero fantastico. Al suo interno si trova allestita la mostra permanente d’arte di Pietro De Laurentis.
Sempre all’interno è possibile vedere antichi strumenti di tortura, armature e armi come la macchina del fuoco che fu usata a Costantinopoli. Da li ci siamo diretti al lago di Bomba dal colore verde cristallino, suggestivo e incantevole.
Lago di Bomba
Al tramonto siamo tornati verso casa. Alloggiavamo in una bella location nei boschi: il Rifugio del Cinghiale posto a 1000 metri di altezza. Nel video sottostante potrete vedere sia le cascate Verdi che gli altri luoghi visitati, nonché il Rifugio Del Cinghiale di cui vi parleremo in un altro articolo.
Fare la polenta non è più difficoltoso come un tempo. Esistono farine precotte che cuociono in una decina di minuti e sono semplici da preparare. Se la polenta classica è buonissima, la polenta fritta a cubetti è una ricetta veloce che vi farà leccare i baffi anche in virtù del fatto che la si potrà accompagnare a carni stufate, cinghiale e selvaggina o contorni di verdure sfiziose. Vediamo la ricetta veloce che illustra come fare la polenta fritta a cubetti o mattonelle.
Polenta fritta a cubetti la ricetta veloce: ingredienti
La polenta classica può essere preparata in dieci minuti semplicemente portando ad ebollizione l’acqua in cui avremo aggiunto del sale a piacere e qualche noce di margarina o olio. Poi avremo disciolto mescolando e lasciando cuocere la farina per la polenta. Se volete usare il metodo tradizionale e la farina non cotta, vi ci vorrà un po’ di fatica in più, sia per cuocerla, che per mescolarla. La preparazione in questo caso è più lunga.
Ingredienti per 5 persone per la polenta classica
Vediamo quali sono gli ingredienti di base per questa ricetta veloce per preparare la polenta.
375 gr di polenta (Valsugana 1 scatola)
1 litro e mezzo di acqua
sale
olio o margarina
sugo di carne
salsicce e puntatura
Il quantitativo di carne è soggettivo, ma in genere 1 o 2 salsicce a testa, e qualche pezzo di carne, sono sufficienti per ogni commensale. Se vi piace, potete spolverare il tutto con del parmigiano.
La polenta fritta che ho preparato a cubetti, riservandone 3 pezzi a persona, era la parte di polenta che mi era avanzata il giorno prima dal pranzo, e che avevo messo da parte proprio per questa ricetta; (eravamo in 3 in genere siamo in 5).
Preparazione polenta e polenta fritta
Personalmente, anche se il dosaggio prevede 1 litro e mezzo di acqua per 375 gr di polenta Valsugana, ho visto che si ricava una porzione abbondante adatta a 5 persone, in genere nella fase finale di cottura aggiungo qualche altro goccio di acqua, ma solo se vedo che la polenta diventa troppo densa e difficile da mescolare.
Se necessario poi, lascio cuocere qualche secondo in più. Ottenuta la polenta potrete condirla con ragù di carne macinata e salsicce (come ho fatto io), e destinare in quantitativo che vi rimane per preparare la polenta fritta a cubetti.
La polenta che mi è avanzata è stata stesa in una vaschetta rettangolare di plastica abbastanza ampia ottenendo un rettangolo alto circa 2 cm che ho posto in frigorifero a solidificare bene. l giorno successivo ho tagliato a quadrati e poi a rettangoli la polenta ottenendo dei pezzi corposi ma non troppo grandi.
Polenta fritta
Polenta fritta a cubetti
Cottura polenta fritta
Ho scaldato l’olio ed ho posto i cubetti di polenta a friggere girandoli su più lati in modo da far si che si dorassero bene su ogni lato.
A fine doratura li ho posti su carta assorbente da cucina per far in modo che l’olio si assorbisse. La polenta a cubetti fritti o mattonella è molto buono e la si può accompagnare con diversi tipi di contorni, arrosti di carne e verdure di ogni genere.
Personalmente l’ho affiancata ad un contorno di piselli e carotine e pollo, ma è facile affiancarla a piatti di qualsiasi tipo. Il bello di questa ricetta è che il gusto della polenta è accompagnato da una doratura croccante in cui spicca il sapore tipico della polenta fritta. Se volete una ricetta golosa accompagnate la polenta con delle fette di caciocavallo affumicato scottato in padella.
Polenta al forno
Per chi avesse problemi a consumare il cibo fritto, può tranquillamente optare per una versione diversa della polenta. Sempre tagliandola a mattonelle potrete infornarla a 150 gradi per alcuni minuti ed ottenere una polenta gustosa non fritta.
Cosa si si intende per violenza sulle donne? Scopriamolo insieme
Il 25 di Novembre si è svolta la giornata contro la violenza sulle donne e, diciamocelo, i dati sono preoccupanti ed in salita, complice (dicono) la pandemia, per cui, non basta semplicemente indire una giornata dedicata alla non violenza ma serve molto di più, servono provvedimenti “legislativi ovvi” che tardano ad approdare sul tavolo del Governo. Troppo spesso, si sente parlare di storie di donne e figli che pur avendo denunciato più volte aggressioni e violenza, sono finiti per essere delle vittime, assassinate per mano di uomini violenti.
Certo, dietro ad un uomo violento, che arriva all’omicidio della moglie o, talvolta, di moglie e figli, c’è sicuramente un’infanzia infelice che lo ha visto, con molta probabilità, vittima lui stesso, così come narra il libro L’ombra di Perseo un romanzo introspettivo e psicologico che esamina la violenza e l’omicidio “femminicidio” dal punto di vista dell’assassino, e non della vittima.
Cosa si si intende per violenza sulle donne?
Ma se pur gli episodi di omicidio delle donne ci sconvolgano, la violenza non è solo e semplicisticamente l’assassinio… c’è molto di più! Sebbene vi siano ancora persone che sorridano alla parola “violenza psicologia” e affermino che di violenze fisiche e femminicidi ce ne siano pochi, dobbiamo fortemente dissentire da queste, ed altre dichiarazioni superficiali.
Basterebbe vivere “un giorno da donna“, per capirlo!
Cari negazionisti sappiate che, vi piaccia o no, la violenza la si trova in ogni ambito: lavorativo, sociale e familiare.
Ricordi di violenza
Ricordo che da ragazzetta avevo il fastidio fisico nel prendere l’autobus perché questo significava avere a che fare con “uomini sporchi nell’anima” di quelli che ti si affiancavano allungando le mani e che alla domanda brusca: “scusi, ma cosa sta facendo?” ti fanno passare per scema. Lentamente, nel caos dell’autobus strapieno, si cerca di divincolarsi o di apporre, tra noi e l’uomo approfittatore, lo zaino o la borsa di scuola o altro. Un’esperienza che capita costantemente a milioni di donne e che, indubbiamente, ferisce, irrita, ed umilia.
Un esempio semplice, ma frequentissimo, al quale ne seguono molti altri nel quotidiano vivere del mondo femminile.
Sempre da giovane e sin da bambina, i bar della mia zona erano per me, un luogo da evitare. I bar di periferia, (e non solo), ma quelli tipicamente frequentati dal popolo maschile di zona, sottopongono spesso a subire commenti e approcci indesiderati: mi sarei fatta uccidere pur di non andare al bar a prendere il latte. Contrariamente alla canzone “fatti mandare dalla mamma a prendere il latte” odiavo questa circostanza. Ero timidissima, e vivevo queste situazioni con forte disagio.
Auto, bar… e, scuola! Sì anche scuola. Al liceo, uno dei miei professori faceva, sia a me, che ad alcune delle mie compagne, delle avances. In sostanza, con la scusa di scherzare, allungava le mani mettendoci a disagio. “Troppo grandi” per parlarne a casa, e troppo piccole per reagire a scuola. Incapaci di gestire l’evento e pudiche anche per parlarne tra di noi. Ma ne parlammo…
Situazioni queste, che una donna, una ragazza o una bambina vive male, situazioni che alle volte ci portano a colpevolizzarci, a tacere, a far finta di nulla, a sminuire, ma che dentro di noi creano ferite indelebili.
Un cane che si morde la coda quello della violenza sulle donne e che, dai banchi di scuola arriva nelle palestre, nei circoli ricreativi, in famiglia e, nei posti di lavoro dove, datori di lavoro audaci fanno “simpaticamente” le loro avances mettendoti sistematicamente a disagio, un giorno dopo l’altro. Così come, il collega caporeparto “innamorato” che ci tormenta. Situazioni frequenti e comuni a molte donne.
Pressioni, ricatti, violenze psicologiche, ritorsioni, sono all’ordine del giorno in tutti i luoghi citati, dalla scuola, alla palestra, dal posto di lavoro, fino all’interno della famiglia, e investono bambine, ragazze e donne.
La non parità stessa è una violenza, mentre la parità implica ugual compiti, ugual mansioni, ugual rispetto, stesse opportunità, stessa considerazione, ruoli e mansioni condivise, sia sul lavoro che in casa.
Cos’è la violenza sulle donne?
Violenza è ogni situazione indesiderata che crea disagio. E’ violenza quando un essere umano incute paura o terrore ad un altro, con gesti, azioni, minacce, limitazioni, ricatti.
E’ violenza quando le urla bloccano, o quando il portafoglio rimane vuoto e lo strumento economico diventa un ricatto. E’ violenza quando al supermercato si è costrette a togliere la spesa dal carrello perché il marito ci ha dato i soldi contanti, o quando si deve chiedere il permesso per fare un acquisto.
E’ violenza dover avere timore di uscire di sera da sole, (sia per lavoro che per piacere) ed essere costrette a prendere mille precauzioni per poterlo fare in semi sicurezza!?
E’ violenza quando siamo convinte di dover chiedere il consenso per ogni gesto o azione, questo, per non dover discutere, essere rimproverate, o dare dispiacere al proprio compagno, genitore, fratello.
Proprio oggi, tornando a casa mi sono fermata in un negozio di zona. Mi raccontavano di fare acquisti di nascoso del proprio marito: donne benestanti e lavoratrici che devono avere l’approvazione dei mariti anche per spendere una parte di ciò che si sono guadagnate, per loro e per i propri figli.
Sorridevano di questo, e raccontavano le mille escamotage adottate: eh si, molte donne vivono di escamotage e menzogne, o magari mezze verità perché è più facile “fregare” così chi ci opprime piuttosto che fare la guerra per i propri diritti.
E’ violenza proibirci di uscire con le amiche, fare sport da sole, o farci sentire in colpa ogni qualvolta vogliamo occuparci, oltre che della famiglia, anche di noi stesse.
Quanto sono bravi poi gli uomini ad innescarci i sensi di colpa? E stupide noi a cascarci: ma siamo donne, sensibili dolci e complicate?! No. In realtà siamo abituate, sin da piccole, a mediare e compiacere.
E’ vero! Come affermano ed asseriscono alcune persone, c’è una violenza che investe anche gli uomini, sia fisica che psicologica, ma ciò costituisce l’eccezione e non la regola.
La violenza sulle donne è…
E’ violenza costringere una donna a stare a casa quando vorrebbe lavorare; è violenza far di tutto per farla sentire in colpa se cerca di essere indipendente. Sminuire il suo lavoro perché “con il part time guadagna meno”, sminuire la sua figura di donna e di mamma perché lavorando non riesce a fare tutto al 100 %, in casa.
La violenza ha tante faccia della stessa medaglia, non è riconducibile al solo atto fisico di violenza, allo schiaffo o all’omicidio / femminicidio.
E’ violenza escludere le donne da una moltitudine di attività lavorative, preferire gli uomini quando le donne, ormai si sa, sono più dotate e adatte in moltissime settori. Una mia amica, ad esempio, svolge un lavoro e vorrebbe essere assegnata a mansioni di grado superiore, ruolo che in quell’azienda è destinato solo agli uomini. La legge lo vieta: la realtà è un’altra, anche oggi!
La non equità è sopraffazione e violenza
E’ violenza avere un Papa uomo? Non saprei, è storia, è folclore, ma sicuramente non rappresenta un segno di equità, e contribuisce a dare un segnale distorto del mondo “maschile” “femminile” e dei ruoli. Ma sorvolando religione e Papa vediamo altri ambiti sociali e politici nonché governativi.
Quanti sindaci donne abbiamo in Italia? Lo sapete? Beh, ve lo dico io: solo il 14,86 % delle donne ricopre tale carica.
Il Parlamento Italiano vede occupati dalle donne in Senato solo 1/3 dei posti su 320 senatori 120 sono donne e 210 uomini.
E che ne vogliamo dire di un Presidente della Repubblica sistematicamente uomo? Ad oggi non abbiamo mai avuto un Presidente della Repubblica Donna.
Secondo voi: come vivono questa condizione le donne che potrebbero ricoprire tale ruolo per capacità e merito e che non vengono neanche considerate? Questa è disparità di genere e, a livello psicologico, per una donna in carriera, è violenza. La dolorosa e frustrante consapevolezza di non poter ricoprire determinati ruoli nonostante le capacità.
E’ violenza dover chiedere una promozione meritata, o guadagnare meno dei propri colleghi ricoprendo, magari, mansioni più faticose, svolgendo il lavoro in modo migliore e più efficiente.
La famiglia e le donne
E’ violenza doversi guadagnare uno spazio nel mondo a suon di pugni nello stomaco, cercare di dover conciliare la famiglia con il lavoro, come se la famiglia fosse solo delle donne.
Non si concilia, non è giusto: si condivide!
Ma quante donne, nella realtà quotidiana hanno un compagno che condivide? Poche! E se in alcune zone dell’Italia la consapevolezza rispetto alla quotidianità della donna ed il rispetto cominciano a farsi strada, in molte altre si è ancora anni luce da questo.
Lo sguardo rivolto al futuro
Oggi, tornando a casa, ho incontrato per la strada un autobus che aveva come conducente una donna. Non prendo molto l’autobus e, sebbene so che ce ne siano diverse di conducenti donne a Roma, è stata la prima volta che mi è capitato di vederne una: l’ho guardata ed ho sorriso di ciò, rallegrandomi.
Penso e spero che procedendo verso l’equità e la considerazione reale delle donne, anche la violenza di genere tenderà a scemare.
Uomini, negazionisti, scusatemi: a quanti di voi capita di sorridere nel vedere un conducente uomo? Ecco, fatevi una domanda, la risposta viene da se…
Pietro De Laurentis e mostra permanente a Roccascalegna
Roccascalegna è un piccolo paese dell’Abruzzo in provincia di Chieti che conta circa 1200 abitanti. Famoso per il sua castello o fortezza di Roccascalegna, nel quale viene ospitata, ormai da diversi anni, la mostra d’arte permanente di Pietro De Laurentis. Una buona occasione per visitare il paese medievale e la sua rocca.
Pietro De Laurentis e la mostra museale a Roccascalegna
All’interno della rocca oltra alla mostra d’arte vi è anche un esposizione di macchine della tortura utilizzate nel medioevo insieme a armature ed armi, come ad esempio il noto lanciafiamme utilizzato nelle difesa di Costantinopoli.
Oltre al fascino e alla suggestione che la fortezza di Roccascalegna emana, è possibile passare qualche piacevole ora vistando il piccolo paese, gustare un buon pranzo in uno dei locali tipici e trascorrere una piacevole giornata tra arte e storia. Le visite alla rocca si prenotano online sul sito dedicato che trovare nell’articolo “Roccascalegna e il castello medioevale tra fascino e mistero“. Il costo è di 4 euro ed è comprensivo di guida. E’ richiesto il green pass.
Roccascalegna e il Castello Medievale
Pietro De Laurentis gli anni 50 ed il realismo
Le opere esposte nella sala dedicata a De Laurentis, coprono un arco di tempo di circa dieci anni e precisamente il periodo che è a cavallo tra guerra e dopoguerra.
La prima documentazione artistica dell’autore che è stata conservata risale al periodo degli anni quaranta. Si tratta di schizzi e bozzetti realizzati con inchiostri ricavati da lui stesso, realizzati su carta rimediata.
Quadro di Pietro de Laurentis
Bozzetto Pietro de Laurentis
Tra realismo, cubismo e futurismo
Le sue opere seguono il filone artistico del realismo, i soggetti sono familiari, donne e uomini, ma anche animali, soggetti che testimoniano la sa forte adesione al mondo del realismo e alla sua visione.
I sue punti di partenza e ispirazione sono quelli dell’avanguardia del novecento che abbracciano il mondo del cubismo e la visione futuristica, fino ad arrivare alla visione e alle suggestioni della pittura e architettura metafisica.
Roccascalegna Opere di Pietro de Laurentis
In effetti, sin dalle prime opere, appare evidente la visione e riproduzione di spazi e soggetti con forti suggestioni neocubiste.
Nella sala della mostra permanente di Pietro DeLaurentis è possibile ammirare quadri, schizzi, sculture che testimoniano la maturità artistica dell’artista e il suo filone fortemente futurista che risente notevolmente del mondo del cubismo se pur rimanendo affiancato al realismo.
Roccascalegna Opere di Pietro de Laurentis
La Vita di Pietro De Luerentis
Pietro De Laurentis è un’artista nativo di Roccascalegna. Nasce il 13 Marzo del 1920 e muore a Roma il 17 ottobre del 1991. E’ stato uno scultore italiano e professore universitario di nota fama. Ha esordito all’età di 19 anni vincendo la rassegna di Arti Figurative di Chieti con la sua opera in gesso chiamata “Ritratto di vecchio contadino“.
Grazie a questa vittoria, ottenne una borsa di studio che gli permise di venire a studiare nella capitale romana all’Accademia delle Belle Arti. Diverrà professore e insegnerà sempre a Roma alla Facoltà di Architettura fino al 1985.
Oltre alle opere di De Laurentis, quadri e alle sculture, partecipa al rifacimento degli stucchi della navata della Cattedrale di Civitavecchia (nel dopoguerra). Nel 49 realizzerà alcune griglie in bronzo della pavimentazione della Chiesa di Sant’Eugenio, e ristrutturazioni del V Quirinale; mentre per Luigi Moretti, realizzerà un grande Cristo utilizzato per la scenografia di “Nessuno salì a bordo“.
Troviamo alcuni bassorilievi nella sede Inps Dell’Eur a Roma, a Bologna; altre opere sono nelle sedi Imps di altre città italiane tra cui Pavia e Pescara.
Nella sua vita romana stringerà amicizia con artisti di vario genere come lo scultore Francesco Coccia, il poeta Sandro Penna ed il pittore Nazareno Gattamelata. Roccascalegna vuole ricordare il suo concittadino con la mostra d’arte permanente De Laurentis dedicata all’artista scomparso.
Alla sua morte, lasciò agli eredi il compito di conservare le sue opere e di continuare la lotta in difesa della storica Villa Blanc.
Per saperne di più su Pietro De Laurentis e visionare le sue opere scarica il PDF
Roccascalegna è un piccolo comune Abruzzese in provincia di Chieti, noto per il suo Castello Medievale. Il suo nome sembra derivare da “scalegna“, ossia dirupo, (francese e longobardo) in quanto il castello è posto su una rupe in roccia tagliata su un fianco. Alcune fonti attribuiscono il nome al fatto che vi era una scala in legno che permetteva di raggiungere la Rocca.
Ad ogni modo, fascino e mistero aleggiano nel Castello medievale che ha una connotazione caratteristica tutta sua. Da lontano, la vista mette in evidenza una delle torri che anticamente lo caratterizzano. Attualmente il Castello di Roccascalegna è visitabile e, al suo interno, è allestita una mostra permanente d’arte dedicata a Pietro De Laurentis.
Quadro di Pietro De Laurentis
Bozzetto Pietro De Laurentis
Roccascalegna torre tonda
Opere di Pietro de Laurentis
Roccascalegna paese e il Castello Medievale
Roccascalegna è un piccolo borgo medievale che ospita poco più di mille abitanti. Posto a circa 400 metri di altezza, situato sulle colline che circondano il corso del fiume Sangro. L’origine del paese risale al XII secolo anche se, reperti di epoca romana e eneolitica, sono stati ritrovati in zona.
Alcuni monaci abitavano l’area già nell’829, inoltre, la chiesa di San Pancrazio di Roccascalegna risale al 1205. Il borgo ed il castello nascono come avamposto longobardo nel XI XII secolo d. C. L’edificazione della rocca o castello, permetteva un’ampia visuale verso il mare.
Nel corso dei secoli il castello passò di proprietà di diverse famiglie baronali e subì modifiche e restauri.
Campanile della chiesa
Torre di Roccascalegna allestita a museo di Pietro De Laurentis
Castello Medievale di Roccascalegna
Il castello ha una posizione strategica molto suggestiva: si trova eretto su di una sporgenza rocciosa che domina sull’abitato sottostante. Dopo l’edificazione primaria longobarda, che vedeva all’attivo una semplice torretta di guardia, o torre d’avvistamento, vennero apportate delle modifiche nell’epoca baronale.
La prima menzione del castello risale al 1525, e grazie all’intervento della famiglia a cui faceva capo Annecchino Alfonso, la struttura si espanse. L’adattamento murario e l’espansione fu volta all’accoglienza di strutture in grado di ospitare le armi e cannoni.
Vediamo il nome delle torri di Roccascalegna, più alte della precedente torre dell’avvistamento originaria, e di cui una, è di forma circolare.
Torre dell’avvistamento
Torre del cuore
Torre del carcere
Torre angioina o torre delle cucine
A tal proposito, come visto, vennero costruite altre torri alcune ospitanti vari servizi come cappella, magazzino, carceri etc. La torre quadrata, la più grande di tutte, dopo il crollo venne riedificata nel 1300, e sostituita con una molto più grande.
La torre che costituiva la difesa principale del castello era composta di 3 piani. Ha conservato il suo soffitto originario, costruito in gesso e canne di fiume. Caratterizzano il portale, l’incisione di due candelabri in rilievo composti da sette braccia, simbolo della tradizione ebraica.
Gli interventi maggiori che riguardarono Roccascalegna furono realizzati durante le baronia dei Carafa tra il 1531 e il 1600. In questo periodo venne eretta la cappella del Santissimo Rosario e si migliorò le strutture di approvvigionamento dell’acqua piovana.
La torre del cuore
Tra le torri troviamo la torre del cuore con un ciondolo in basso rilievo raffigurato, somigliante appunto, ad un cuore, molto simile al ciondolo abruzzese tipico del costume e della tradizione che veniva regalato dagli uomini alle loro spose quando partivano per la transumanza: aveva il significato di un vero e proprio pegno d’amore.
Circa 80 anni fa, si verificò il crollo di una delle torri dovuto ai materiali di costruzione che si compongono principalmente di roccia arenaria.
Torre del carcere
Una delle torri denominata torre del carcere, ospita, al piano terra, alcune macchine da guerra utilizzate per la difesa di Costantinopoli, come ad esempio il lancia fiamme bizantino e strumenti di tortura in uso nell’epoca medievale (foto sottostanti). Usanze bizzarre e assurdità facevano parte del medioevo considerato, per certi versi a ragione, epoca buia.
Apparecchio da guerra: Lanciafiamme
Strumento di tortura culla di Giuda
Cavallo Spagnolo per tortura
Torre delle cucine e torre sagrestia
Alla caduta della famiglia Annecchino, subentrò la Famiglia Carafa che creò nel Castello di Roccascalegna un magazzino per le provviste posto nella torre angioina o torre delle cucine; quest’ultima ospitava appunto le cucine in cui venivano sfornate anche 22 pagnotte al giorno.
Un’ altra torre, torre sagrestia, ospita al primo pianola Chiesa di Santa Maria del Rosario, attualmente sconsacrata.
Roccascalegna e dinastia Corvo
Alla famiglia Carafa subentrò la famiglia Corvo (o de Corvis) e in particolare fece parlare di se Giuseppe Corvo che alloggiò nel castello utilizzandolo come fissa dimora, mentre la famiglia fu ospitata nel palazzo baronale situato difronte all’attuale Municipio. La famiglia Corvo regnò tra il 1600 ed il 1717, periodo in cui venne eliminato il ponte levatoio (1705) e costruita la garitta d’ingresso ed i muri laterali.
La leggenda di Giuseppe Corvo a Roccascalegna e diritto ius primae noctis
Narra la leggenda che Giuseppe Corvo avesse l’abitudine di voler passare la prima notte di nozze con la sposa delle giovani coppie del feudo che si univano in matrimonio. Il diritto primae noctis era in voga in Europa intorno al 600. Si trattava di un presunto diritto di un signore feudale, ma sembra essere frutto di un racconto popolare di cui non si hanno prove certe, secondo gli esperti.
Narra sempre la storia che, Giuseppe Corvo venne assassinato da un giovane marito geloso e che l’impronta della sua mano insanguinata, fosse ancora presente nelle struttura di una torre del castello crollata nel 1940 “la torre dell’amore”.
Ultimi proprietari di Roccascalegna famiglia Nanni Croce
Alla famiglia Corvo segue, nel 1717, la famiglia Nanni Croce che in realtà utilizzò molto poco il castello. Verso la metà del 1700 in castello rimase vuoto e conobbe due secoli di incuria ed abbandono.
Successivamente, il castello di Roccascalegna venne restaurato. L’ultimo restauro, avvenuto nel 1996 ne permise la riapertura al pubblico e la mostra permanete di opere scultoree, metalliche e dipinti di Pietro de Laurentis.
Visitare Roccascalegna: biglietti e prenotazioni
Attualmente, il Castello viene utilizzato per eventi, feste e mostre. L’ingresso per i visitatori prevede il pagamento di un biglietto di 4 euro. La prenotazione avviene per via telefonica o sul sito preposto di Roccascalegna.
Anche se noi abbiamo avuto la fortuna di recarci in sede e prenotare poche ore prima della visita due biglietti nel mese di Ottobre. La visita è supportata da una guida che, circa ogni ora, conduce i gruppi fino alla torre del cuore, illustrando la storia del castello.
Leggende e magia di Roccascalegna medievale
Interessanti anche alcune specie botaniche presenti in loco, tra cui il Terebinto o Pitacia Terebinthus, specie botanica con frutti rossi ricchi di tannino, utilizzata come porta innesto per le piante di pistacchio.
Oltre alle bellezze botaniche si trovano nel castello di Roccascalegna leggende medievali scritte ed esposte che riguardano animali di strana natura: un mostro che aleggia nel lago di Bomba, sembra sia un grande serpente. Negli scritti, si narra che nel medioevo, vi fossero strane creature demoniache, lupi mannari, Unicorni, fate e streghe, ed il folletto dal berretto rosso di Roccascalegna.
Lago di Bomba
Il folletto dal berretto rosso, fate e streghe di Roccascalegna
Il folletto dal berretto rosso di Roccascalegna è chiamato così perché tinge il suo berretto con il sangue umano, per questo il piccolo e brutto folletto predilige i luoghi che hanno ospitato scene cruente. Il folletto dal berretto rosso è chiamato anche Mazzamuriello, in quanto se bussa all’uscio di una casa con il suo bastone per 3 volte, annuncia un lutto in arrivo.
Le buche delle fate e le streghe
Le buche delle fate e le streghe
Nel territorio di Roccascalegna, esistono numerosi luoghi legati a leggende su fate e streghe. Tutt’ora, tra i ruderi di una casa situata sull’antico pianoro, si manifestano strane entità luminose da alcuni definite fate, e da altri streghe.
Le fate sono, secondo la tradizione abruzzese, grandi amanti della musica, amano danzare alla luce della luna seguendo il suono di arpa e flauto, ma attenzione: se ci si avvicina troppo a loro costringono a danzare fino allo sfinimento.
Vi potrete salvare solo se qualcuno vi tappa le orecchi, (narra la leggenda). Nei boschi di Roccascalegna è presente un anello delle fate, mentre in prossimità di Torricella, sotto una grande quercia, si trova nascosta una zappa d’oro che le fate sano per i lavori agricoli.
In molti paesi dell’Abruzzo si racconta di luoghi chiamati “buche delle fate” alcune di queste si trovano a Teramo, e in località tra Campli e Civitella. Per vedere le fate si deve attendere le notti di luna piena per cogliere il loro danzare luminoso al suono di liuti e flauti.
Le fate amano vivere nei luoghi ricchi di magia, attorniate dalla natura selvaggia, tra boschi, corsi d’acqua, sorgenti, grotte e grandi rocce.
Roccascalegna e il Castello Medievale, fascino e mistero
Le streghe di Roccascalegna
Si narra anche che le streghe, nelle notti di Sabba si divertissero a passare i neonati sul fuoco. Secoli fa la leggenda narra, di una bambina rapita dalle streghe di Roccascalegna per i loro macabri rituali. Fu portata nei boschi limitrofi, ma il padre corso in suo aiuto, affrontò le streghe e la liberò portandola in chiesa per farla benedire.
I vecchi del luogo consigliano di fare attenzione a non indispettire le streghe, specie non disturbarle nelle notti di sabba, pena la morte. Altro suggerimento in merito, è quello di non tagliare mai un albero di noce sotto il quale si riuniscono le streghe se non si vuole finire nei guai.
Infine, secondo la tradizione, mai addormentarsi sotto un albero di noce a mezzo dì perché si rischia di disturbarne i suoi abitanti, fate o streghe che siano, sono, secondo la tradizione locale, facce di una stessa medaglia.
Le fate in Abruzzo leggende e medioevo
Secondo le leggende d’Abruzzo le fate sarebbero angeli caduti dal cielo, ma non troppo cattivi da poter essere destinati all’inferno, obbligate a vivere a metà “nel regno di mezzo“.
Nel medioevo le fate non sempre erano ritenute benevole e gentili, e le madri le temeva per la cattiva abitudine di rapire neonati belli e sani e sostituirli con neonati malaticci.
Sempre nel bosco di Roccascalegna è presente una fontana magica ove è possibile vedere una vecchina che attinge l’acqua con un orcio. Ad accompagnarla vi è il fantasma di un brigante con un forziere pieno di monete d’oro.
Un luogo, quello di Roccascalegna ricco di fascino storia, arte e magia, un connubio perfetto un luogo dal sapore medievale in cui trascorrere una piacevole giornata alla scoperta della rocca, di leggende ed arte.
Nel video trovate anche un parte dedicata a Roccascalegna e alla mostra di Pietro de Laurentis
Come ottenere un effetto biaccato in un armadio di recupero
Quanti di voi possiedono in cantina, in soffitta o in una vecchia casa un armadio a due o tre ante inutilizzato ridotto in cattivo stato? O magari una cassettiera una credenza od altro…che ne dite di ridare al vostro mobile nuova vita? Magari dipingendolo e realizzando un bell’effetto biaccato che li conferirà un’ispirazione Country e shabby chic? Bene, vediamo come ottenere un effetto biaccato o “shabbato” in unarmadio di recupero.
Come ottenere un effetto biaccato in un armadio di recupero
Per prima cosa recuperate l’armadio ed adottate una vernice che potrà creare l’effetto biaccato, ossia bianco e anticato, tipico dello stile shabby chic, caratteristico di quelle verniciature pastello che lasciano intravedere le venature del legno. Il bianco pastello lascia sui mobili un leggero velo trasparente e satinato e protegge la superficie del legno. Una tipica laccatura o verniciatura che si utilizza per i mobili shabby chic.
Mobile effetto biaccato o shabby: occorrente
Armadio o mobile di recupero
cara vetrata da 80/120
Vernice shabby chalk panna o bianca
soluzione grigia all’acqua penetrante
pennelli
panno pulito
Armadio grezzo
Riciclare un mobile di recupero: verniciatura shabby chic
Se il mobile di recupero da riciclare possiede della vernice preesistente, questa andrà rimossa completamente, per effettuare questo tipo di decorazione si dovrà riportare il legno al suo aspetto grezzo. Potrete procedere a mano carteggiando od usando una levigatrice, se la vernice e molto spessa utilizzate uno sverniciatore.
Asportata tutta la vecchia vernice spolverate la superficie del mobile e trattatela con una vernice acrilica grigia. Lasciate asciugare bene e poi per un effetto più coprente passate la vernice shabby chalk o in alternativa seguite le istruzioni del video dato che vi sto proponendo due metodologie diverse ed ambedue molto valide.
Utilizzate un pennello grande dalle setole morbide e stendete il colore in maniera non uniforme picchiettandolo di tanto in tanto. Questo tipo di vernice presenza una consistenza pastosa ed opaca rispetto ad un normale acrilico come quello proposto in video ed è quindi molto adatta alla decorazione di mobili dal sapore shabby. Operate la scelta che preferite e comunque sia il vostro mobile di recupero sarà molto gradevole caratterizzato da una verniciatura bianca più coprente o in alternativa leggermente velata.
Verniciato il mobile preventivamente preparato come descritto nel paragrafo precedente dovremo solo lasciare che asciughi bene per almeno un giorno, poi potremo passare a carteggiare leggermente con carta vetrata a grana fine. Lasciate che sulla superficie dell’armadio, si possa intravedere leggermente il grigio sottostante ma solo in alcuni punti. Infine, potrete proteggere l’armadio utilizzando una cera neutra per legno o mantenerlo così naturale in maniera che conservi tutto il suo fascino shabby.
Una soluzione molto valida per recuperare vecchi mobili o anche per realizzare un armadio due ante fai da te utilizzando un armadio grezzo. Stessa tecnica si può applicare per una cassapanca shabby chic o per altri mobili arredando la propria casa in questo magico e romantico stile che fa sognare da anni moltissime donne e non solo.
Superstizioni popolari più diffuse: le 10 più note
Le superstizioni popolari più diffuse sono molte, ma alcune vengono ritenute, dall’opinione comune, le più famose. La credenza popolare infatti, si eredita di secolo in secolo e, malgrado l’elevato livello culturale di alcune regioni, fatica a perdere consensi. Ecco così che, alcune superstizioni e credenze popolari, rimangono salde nell’immaginario collettivo. Tra esse, ne abbiamo selezionate 10, le più note in assoluto: vediamo quali sono le più temute superstizioni in Italia e in Europa.
Ogni nazione ha, indubbiamente, le sue di superstizioni popolari, alcune nazioni ne hanno alcune in comuni che si ritrovano in più parti d’Europa e ci provengono da detti, credenze e usanze del medioevo, tra queste, quella legata al gatto nero che attraversa la strada, presagio di sfortuna. Allo stesso modo vi sono anche superstizioni positive come ad esempio quella di baciarsi sotto il vischio.
1#Gatto nero che attraversa la strada
La superstizione dei gatti neri, tra l’altro bellissimi, come altri animali neri, deriva dall’accumunarli al mondo delle streghe o wicca in cui. il gatto, veniva considerato come l’animale delle streghe per eccellenza, insieme al gufo, e alla civetta. Dal gufo deriva il detto “gufare” ossia portare sfortuna. La civetta ed il suo canto sono da intendere come presagio di sfortuna e morte.
Nel medioevo si riteneva che le streghe potessero trasformarsi in gatti neri. I gatti vedono al buio, inoltre, si pensava che il gatto nero per il suo colore scuro potesse camuffarsi nella notte e compiere chissà quali atti proibiti e demoniaci.
Passare sotto una scala aperta, sia che sopra ci sia una persona ad utilizzarla, che non, è ritenuto tra le superstizioni popolari comuni, una cosa che porti sfortuna e dunque, va evitato di farlo.
Con molta probabilità, questa credenza popolare deriva anch’essa dal medioevo e dal fatto che con le scale si assaltavano le mura dei castelli, o le città. Passare sotto le scale o anche salirle poteva significare rimanere uccisi dalla colata di olio bollente o altro.
Scala
3# Spazzare i piedi ad una giovane ragazza nubile
Vien da sorridere, ma per molti non fa sorridere per nulla: si crede che spazzare inavvertitamente i piedi ad una giovane ragazza nubile, posso essere di malaugurio per lei e le sue ipotetiche future nozze. La superstizione dice che la ragazza a cui si spazzano i piedi non troverà più marito.
4# Attraversamento di un carro funebre e gesti di scongiuro
Altra superstizione popolare, per nulla empatica, è quella che ritiene che veder passare un carro funebre porti male. Da qui l’usanza di farsi, quanto meno, il segno della croce, seguito dalle corna.
Sebbene farsi il segno della croce sia un atto di rispetto nei confronti del defunto, non lo è affatto il fare le corna, toccare ferro, gesto tipicamente Italiano (in Europa si tocca il legno), o toccare le parti intime maschili in segno di “scongiuro“.
La superstizione del carro funebre deriva dal medioevo e precisamente dalle pestilenze che si verificarono negli anni che vanno dal 300 al 500 periodo in cui la peste uccise numerose persone, ed i carri funebri potevano rappresentare pericolo di contagio.
4# Rompere uno specchio: 7 anni di disgrazia
Sicuramente, una delle superstizioni più note e temute, è quella della rottura dello specchio. Rompere uno specchio preannuncia Sette anni di sfortuna e disgrazia: cosa che sanno tutti e che incute timore. Ma come fare se si rompe uno specchio e si teme la sventura?
Un altro detto popolare ritiene che versarvi sopra del sale da cucina possa scongiurare le future disgrazie preannunciate. Nel medioevo, si era convinti che gli specchi potessero rubare l’anima di chi ci si specchiava, tant’è che vennero proibiti, in un certo periodo storico, dalla chiesa.
Ma attenzione, perché se per annullare l’effetto specchio / sfortuna si utilizza il sale, versare il sale è considerato un gesto sfortunato. Sin dai tempi più antichi il sale era prezioso e merce rara e farlo cadere a terra portava sfortuna. C’era miseria, ed i militari stessi venivano pagato con il sale (tanto per farci un’idea della preziosità del sale).
In effetti al sale vengono attribuiti sia significati benevoli che nefasti. Un altro di questi è l’usanza di “buttarsi il sale dietro“. Ma che significa buttare il sale dietro?
Anticamente si riteneva che il diavolo si sedesse dietro la spalla sinistra delle persone, motivo per cui gettare il sale dietro alla spalla sinistra era considerato un buon metodo per scongiurare gli influssi malefici. Ecco che si chiarisce il perché del gettare sale su uno specchio rotto.
6# baciarsi sotto il vischio è di buon auspicio
Baciarsi sotto il vischio è una tradizione legata ad una superstizione positiva. Il vischio simboleggia un vincolo sacro e di buono augurio. Mettere un rametto di vischio sulla porta o sopra il focolare significava, per i Sassoni di un tempo, che il proprietario di casa non avrebbe ucciso ne fatto alcun male ai suoi ospiti. Il rametto di vischio indicava che gli ospiti sarebbero stati sotto la sua protezione.
Vischio e proprietà terapeutiche – Viscum album
Per questo il vischio venne utilizzato nelle feste e nel solstizio d’inverno (21 Dicembre), periodi in cui spesso si assisteva a risse cruente. Secondo la mitologia greca, invece, il vischio rappresentava i testicoli di Urano che cadendo in mare per via di Crono che glieli recise, diedero vita ad Afrodite. La mitologia nordica, invece narra che il vischio fosse dedicato alla Dea dell’amore chiamata Frigg.
Tante le leggende popolari e le credenze che riguardano il vischio, quel che è certo è che viene utilizzato a Natale e ritenuto di buon auspicio. Le giovani coppie che si baciano sotto il vischio la notte di Capodanno si ritiene che avranno un futuro felice.
7# superstizione legate al matrimonio: lo sposo non deve vedere la sposa e l’abito, giarrettiera, taglio della torta
Le superstizioni legate al matrimonio, alla sposa e sposo sono molteplici ma quattro in particolar modo sono diffuse e comuni:
Lo sposo non deve vedere la sposa il giorno prima delle nozze. In particolar modo lo sposo non deve vedere l’abito indossato dalla sposa perché è di cattivo auspicio.
Il portare la giarrettiera è di buon auspicio e il lancio della giarrettiera ai ragazzi. Declamerà che, chi la acciuffa, si sposerà con una donna bella e fertile. Anche questa è un’usanza derivante dal medioevo, periodo storico in cui si riteneva che l’abito della sposa fosse sacro e di buon auspicio, tant’è che gli ospiti ne strappavano un pezzetto. Poi nel tempo, l’interesse si focalizzò solo sulla giarrettiera che lo sposò getta agli scapoli presenti.
Il lancio del bouquet declama che la ragazza nubile che lo raccoglie si sposerà antro l’anno.
Il taglio della torta nuziale andrà fatto dai due coniugi perché è di buon auspicio. La torta viene tagliata dalla sposa mentre tiene la mano dello sposo, questo rituale sembra predire la nascita di figli. Sempre legata alla torta, c’è una superstizione risalente ad epoca romana che imponeva il taglio della torta sopra la testa della sposa per predire fertilità, mentre le briciole che cadevano nel taglio erano considerate da raccogliere al volo, in quanto portatrici di buona fortuna. Come augurio di buona fortuna, tutti gli invitati dovevano consumarne una fetta, tant’è che anche agli assenti ne veniva riservata una. Nel medioevo, a tale scopo, venivano preparate tante piccole torte riservate ognuna ad ogni ospite.
Matrimonio
8# Gettare una moneta nella fontane o in un pozzo
Un’usanza simpatica, ben nota, che molti turisti amano compiere quando visitano città, è quella di gettare una monetina nelle fontane grandi e famose come la fontana di Trevi a Roma o anche alcuni pozzi antichi e noti. Questa usanza deriva dalla mitologia antica.
Si riteneva che nei pozzi, e nelle fontane, vi soggiornassero alcune divinità. Quindi gettare una moneta nel pozzo o gettare una moneta in una fontana serviva per esprimere un desiderio e chiedere la sua realizzazione agli Dei dando come pegno una moneta. Un’usanza simile è quella del lucchetto che unisce due persone su cui vanno scritti i nomi dei due fidanzati: ponte vecchio a Firenze ne è la testimonianza.
Ponte vecchio
Ponte vecchio e lucchetti
Medioevo e fonti sacre
Nel medioevo, inoltre, vi erano delle fonti d’acqua ritenute sacre che venivano frequentate dalle persone malate che vi gettavano monete e chiedevano la grazia. Le monete poi venivano raccolte e finivano nelle casse dei vescovi locali.
9# Giorni maledetti: di Venere e di Marte non ci si sposa e non si parte
Di Venere e di Marte “Venerdì e Martedì” non si sposa ne si parte. Chi non ha sentito dire questa frase? Così come la credenza popolare ritiene che nei mesi con la R il sole faccia male, sempre la credenza popolare indica che in alcuni giorni della settimana non sia proficuo partire ne sposarsi. Anche in questo caso, l’origine della superstizione popolare è risalente al medioevo.
Il “chi ride di Venerdì piange di Domenica” è un detto che viene collegato alla morte di Gesù avvenuta di Venerdì quindi seconda la religione il Venerdì giorno in cui Cristo fu crocifisso, è un giorno di Penitenza. Ridere di venerdì vuol dire poi, aspettarsi una brutta giornata la Domenica. Credere? Non credere?
Per quanto concerne il Martedì giorno sfortunato la spiegazione è ancor più semplicistica: deriva dal fatto che Marte era il Dio della guerra e della discordia, ed il Martedì, era il giorno dedicato a lui.
10# Numeri fortunati e numeri sfortunati: 13, 17 e non solo
Vi sono numeri perfetti come il 3 che rappresenta la triade sacra, o il 7 perfezione e felicità; ed altri numeri considerati nefasti, come il numero 4 con doppia polarità come tutti i numeri pari. Venerdì 17 è poi considerato un giorno e un numero sfortunato per eccellenza, mentre il 13 in Italia è considerato un numero fortunato (ma non in altri paesi) o il numero 10 considerato magico.
Per conoscere il significato dei numeri, e se sono fortunati o sfortunati vi consiglio i due articoli sottostanti.
Siamo giunti alla fine di questo articolo. Abbiamo preso in esame alcune superstizioni popolari piùdiffuse: le 10 più note, altre simpatiche, altre meno note, sperando di soddisfare la curiosità che vi ha portato a leggere questa bizzarra carrellata di superstizione e le origini di alcune di esse.
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