389972978
mercoledì, Ottobre 1, 2025
Home Blog Page 173

Cosa si si intende per violenza sulle donne? Scopriamolo insieme

Cosa si si intende per violenza sulle donne? Scopriamolo insieme
Cosa si si intende per violenza sulle donne? Scopriamolo insieme

Il 25 di Novembre si è svolta la giornata contro la violenza sulle donne e, diciamocelo, i dati sono preoccupanti ed in salita, complice (dicono) la pandemia, per cui, non basta semplicemente indire una giornata dedicata alla non violenza ma serve molto di più, servono provvedimenti “legislativi ovvi” che tardano ad approdare sul tavolo del Governo. Troppo spesso, si sente parlare di storie di donne e figli che pur avendo denunciato più volte aggressioni e violenza, sono finiti per essere delle vittime, assassinate per mano di uomini violenti.

Certo, dietro ad un uomo violento, che arriva all’omicidio della moglie o, talvolta, di moglie e figli, c’è sicuramente un’infanzia infelice che lo ha visto, con molta probabilità, vittima lui stesso, così come narra il libro L’ombra di Perseo un romanzo introspettivo e psicologico che esamina la violenza e l’omicidio “femminicidio” dal punto di vista dell’assassino, e non della vittima.

Cosa si si intende per violenza sulle donne?

Ma se pur gli episodi di omicidio delle donne ci sconvolgano, la violenza non è solo e semplicisticamente l’assassinio… c’è molto di più! Sebbene vi siano ancora persone che sorridano alla parola “violenza psicologia” e affermino che di violenze fisiche e femminicidi ce ne siano pochi, dobbiamo fortemente dissentire da queste, ed altre dichiarazioni superficiali.

Basterebbe vivere “un giorno da donna“, per capirlo!

Cari negazionisti sappiate che, vi piaccia o no, la violenza la si trova in ogni ambito: lavorativo, sociale e familiare.

Ricordi di violenza

Ricordo che da ragazzetta avevo il fastidio fisico nel prendere l’autobus perché questo significava avere a che fare con “uomini sporchi nell’anima” di quelli che ti si affiancavano allungando le mani e che alla domanda brusca: “scusi, ma cosa sta facendo?” ti fanno passare per scema. Lentamente, nel caos dell’autobus strapieno, si cerca di divincolarsi o di apporre, tra noi e l’uomo approfittatore, lo zaino o la borsa di scuola o altro. Un’esperienza che capita costantemente a milioni di donne e che, indubbiamente, ferisce, irrita, ed umilia.

Un esempio semplice, ma frequentissimo, al quale ne seguono molti altri nel quotidiano vivere del mondo femminile.

Sempre da giovane e sin da bambina, i bar della mia zona erano per me, un luogo da evitare. I bar di periferia, (e non solo), ma quelli tipicamente frequentati dal popolo maschile di zona, sottopongono spesso a subire commenti e approcci indesiderati: mi sarei fatta uccidere pur di non andare al bar a prendere il latte. Contrariamente alla canzone “fatti mandare dalla mamma a prendere il latte” odiavo questa circostanza. Ero timidissima, e vivevo queste situazioni con forte disagio.

Auto, bar… e, scuola! Sì anche scuola. Al liceo, uno dei miei professori faceva, sia a me, che ad alcune delle mie compagne, delle avances. In sostanza, con la scusa di scherzare, allungava le mani mettendoci a disagio. “Troppo grandi” per parlarne a casa, e troppo piccole per reagire a scuola. Incapaci di gestire l’evento e pudiche anche per parlarne tra di noi. Ma ne parlammo…

Situazioni queste, che una donna, una ragazza o una bambina vive male, situazioni che alle volte ci portano a colpevolizzarci, a tacere, a far finta di nulla, a sminuire, ma che dentro di noi creano ferite indelebili.

Un cane che si morde la coda quello della violenza sulle donne e che, dai banchi di scuola arriva nelle palestre, nei circoli ricreativi, in famiglia e, nei posti di lavoro dove, datori di lavoro audaci fanno “simpaticamente” le loro avances mettendoti sistematicamente a disagio, un giorno dopo l’altro. Così come, il collega caporeparto “innamorato” che ci tormenta. Situazioni frequenti e comuni a molte donne.

Pressioni, ricatti, violenze psicologiche, ritorsioni, sono all’ordine del giorno in tutti i luoghi citati, dalla scuola, alla palestra, dal posto di lavoro, fino all’interno della famiglia, e investono bambine, ragazze e donne.

La non parità stessa è una violenza, mentre la parità implica ugual compiti, ugual mansioni, ugual rispetto, stesse opportunità, stessa considerazione, ruoli e mansioni condivise, sia sul lavoro che in casa.

Cos’è la violenza sulle donne?

Violenza è ogni situazione indesiderata che crea disagio. E’ violenza quando un essere umano incute paura o terrore ad un altro, con gesti, azioni, minacce, limitazioni, ricatti.

E’ violenza quando le urla bloccano, o quando il portafoglio rimane vuoto e lo strumento economico diventa un ricatto. E’ violenza quando al supermercato si è costrette a togliere la spesa dal carrello perché il marito ci ha dato i soldi contanti, o quando si deve chiedere il permesso per fare un acquisto.

E’ violenza dover avere timore di uscire di sera da sole, (sia per lavoro che per piacere) ed essere costrette a prendere mille precauzioni per poterlo fare in semi sicurezza!?

E’ violenza quando siamo convinte di dover chiedere il consenso per ogni gesto o azione, questo, per non dover discutere, essere rimproverate, o dare dispiacere al proprio compagno, genitore, fratello.

Proprio oggi, tornando a casa mi sono fermata in un negozio di zona. Mi raccontavano di fare acquisti di nascoso del proprio marito: donne benestanti e lavoratrici che devono avere l’approvazione dei mariti anche per spendere una parte di ciò che si sono guadagnate, per loro e per i propri figli.

Sorridevano di questo, e raccontavano le mille escamotage adottate: eh si, molte donne vivono di escamotage e menzogne, o magari mezze verità perché è più facile “fregare” così chi ci opprime piuttosto che fare la guerra per i propri diritti.

E’ violenza proibirci di uscire con le amiche, fare sport da sole, o farci sentire in colpa ogni qualvolta vogliamo occuparci, oltre che della famiglia, anche di noi stesse.

Quanto sono bravi poi gli uomini ad innescarci i sensi di colpa? E stupide noi a cascarci: ma siamo donne, sensibili dolci e complicate?! No. In realtà siamo abituate, sin da piccole, a mediare e compiacere.

E’ vero! Come affermano ed asseriscono alcune persone, c’è una violenza che investe anche gli uomini, sia fisica che psicologica, ma ciò costituisce l’eccezione e non la regola.

La violenza sulle donne è…

E’ violenza costringere una donna a stare a casa quando vorrebbe lavorare; è violenza far di tutto per farla sentire in colpa se cerca di essere indipendente. Sminuire il suo lavoro perché “con il part time guadagna meno”, sminuire la sua figura di donna e di mamma perché lavorando non riesce a fare tutto al 100 %, in casa.

La violenza ha tante faccia della stessa medaglia, non è riconducibile al solo atto fisico di violenza, allo schiaffo o all’omicidio / femminicidio.

E’ violenza escludere le donne da una moltitudine di attività lavorative, preferire gli uomini quando le donne, ormai si sa, sono più dotate e adatte in moltissime settori. Una mia amica, ad esempio, svolge un lavoro e vorrebbe essere assegnata a mansioni di grado superiore, ruolo che in quell’azienda è destinato solo agli uomini. La legge lo vieta: la realtà è un’altra, anche oggi!

La non equità è sopraffazione e violenza

E’ violenza avere un Papa uomo? Non saprei, è storia, è folclore, ma sicuramente non rappresenta un segno di equità, e contribuisce a dare un segnale distorto del mondo “maschile” “femminile” e dei ruoli. Ma sorvolando religione e Papa vediamo altri ambiti sociali e politici nonché governativi.

  1. Quanti sindaci donne abbiamo in Italia? Lo sapete? Beh, ve lo dico io: solo il 14,86 % delle donne ricopre tale carica.
  2. Il Parlamento Italiano vede occupati dalle donne in Senato solo 1/3 dei posti su 320 senatori 120 sono donne e 210 uomini.
  3. E che ne vogliamo dire di un Presidente della Repubblica sistematicamente uomo? Ad oggi non abbiamo mai avuto un Presidente della Repubblica Donna.

Secondo voi: come vivono questa condizione le donne che potrebbero ricoprire tale ruolo per capacità e merito e che non vengono neanche considerate? Questa è disparità di genere e, a livello psicologico, per una donna in carriera, è violenza. La dolorosa e frustrante consapevolezza di non poter ricoprire determinati ruoli nonostante le capacità.

E’ violenza dover chiedere una promozione meritata, o guadagnare meno dei propri colleghi ricoprendo, magari, mansioni più faticose, svolgendo il lavoro in modo migliore e più efficiente.

La famiglia e le donne

E’ violenza doversi guadagnare uno spazio nel mondo a suon di pugni nello stomaco, cercare di dover conciliare la famiglia con il lavoro, come se la famiglia fosse solo delle donne.

Non si concilia, non è giusto: si condivide!

Ma quante donne, nella realtà quotidiana hanno un compagno che condivide? Poche! E se in alcune zone dell’Italia la consapevolezza rispetto alla quotidianità della donna ed il rispetto cominciano a farsi strada, in molte altre si è ancora anni luce da questo.

Lo sguardo rivolto al futuro

Oggi, tornando a casa, ho incontrato per la strada un autobus che aveva come conducente una donna. Non prendo molto l’autobus e, sebbene so che ce ne siano diverse di conducenti donne a Roma, è stata la prima volta che mi è capitato di vederne una: l’ho guardata ed ho sorriso di ciò, rallegrandomi.

Penso e spero che procedendo verso l’equità e la considerazione reale delle donne, anche la violenza di genere tenderà a scemare.

Uomini, negazionisti, scusatemi: a quanti di voi capita di sorridere nel vedere un conducente uomo? Ecco, fatevi una domanda, la risposta viene da se…

Spero!

Pietro De Laurentis e mostra permanente a Roccascalegna

Pietro De Laurentis e mostra permanente a Roccascalegna
Pietro De Laurentis e mostra permanente a Roccascalegna

Roccascalegna è un piccolo paese dell’Abruzzo in provincia di Chieti che conta circa 1200 abitanti. Famoso per il sua castello o fortezza di Roccascalegna, nel quale viene ospitata, ormai da diversi anni, la mostra d’arte permanente di Pietro De Laurentis. Una buona occasione per visitare il paese medievale e la sua rocca.

Pietro De Laurentis
Pietro De Laurentis

Pietro De Laurentis e la mostra museale a Roccascalegna

All’interno della rocca oltra alla mostra d’arte vi è anche un esposizione di macchine della tortura utilizzate nel medioevo insieme a armature ed armi, come ad esempio il noto lanciafiamme utilizzato nelle difesa di Costantinopoli.

Oltre al fascino e alla suggestione che la fortezza di Roccascalegna emana, è possibile passare qualche piacevole ora vistando il piccolo paese, gustare un buon pranzo in uno dei locali tipici e trascorrere una piacevole giornata tra arte e storia. Le visite alla rocca si prenotano online sul sito dedicato che trovare nell’articolo “Roccascalegna e il castello medioevale tra fascino e mistero“. Il costo è di 4 euro ed è comprensivo di guida. E’ richiesto il green pass.

Roccascalegna e il Castello Medievale
Roccascalegna e il Castello Medievale

Pietro De Laurentis gli anni 50 ed il realismo

Le opere esposte nella sala dedicata a De Laurentis, coprono un arco di tempo di circa dieci anni e precisamente il periodo che è a cavallo tra guerra e dopoguerra.

La prima documentazione artistica dell’autore che è stata conservata risale al periodo degli anni quaranta. Si tratta di schizzi e bozzetti realizzati con inchiostri ricavati da lui stesso, realizzati su carta rimediata.

Tra realismo, cubismo e futurismo

Le sue opere seguono il filone artistico del realismo, i soggetti sono familiari, donne e uomini, ma anche animali, soggetti che testimoniano la sa forte adesione al mondo del realismo e alla sua visione.

I sue punti di partenza e ispirazione sono quelli dell’avanguardia del novecento che abbracciano il mondo del cubismo e la visione futuristica, fino ad arrivare alla visione e alle suggestioni della pittura e architettura metafisica.

Roccascalegna Opere di Pietro de Laurentis
Roccascalegna Opere di Pietro de Laurentis

In effetti, sin dalle prime opere, appare evidente la visione e riproduzione di spazi e soggetti con forti suggestioni neocubiste.

Nella sala della mostra permanente di Pietro De Laurentis è possibile ammirare quadri, schizzi, sculture che testimoniano la maturità artistica dell’artista e il suo filone fortemente futurista che risente notevolmente del mondo del cubismo se pur rimanendo affiancato al realismo.

Roccascalegna Opere di Pietro de Laurentis
Roccascalegna Opere di Pietro de Laurentis

La Vita di Pietro De Luerentis

Pietro De Laurentis è un’artista nativo di Roccascalegna. Nasce il 13 Marzo del 1920 e muore a Roma il 17 ottobre del 1991. E’ stato uno scultore italiano e professore universitario di nota fama. Ha esordito all’età di 19 anni vincendo la rassegna di Arti Figurative di Chieti con la sua opera in gesso chiamata “Ritratto di vecchio contadino“.

Grazie a questa vittoria, ottenne una borsa di studio che gli permise di venire a studiare nella capitale romana all’Accademia delle Belle Arti. Diverrà professore e insegnerà sempre a Roma alla Facoltà di Architettura fino al 1985.

Oltre alle opere di De Laurentis, quadri e alle sculture, partecipa al rifacimento degli stucchi della navata della Cattedrale di Civitavecchia (nel dopoguerra). Nel 49 realizzerà alcune griglie in bronzo della pavimentazione della Chiesa di Sant’Eugenio, e ristrutturazioni del V Quirinale; mentre per Luigi Moretti, realizzerà un grande Cristo utilizzato per la scenografia di “Nessuno salì a bordo“.

Troviamo alcuni bassorilievi nella sede Inps Dell’Eur a Roma, a Bologna; altre opere sono nelle sedi Imps di altre città italiane tra cui Pavia e Pescara.

Nella sua vita romana stringerà amicizia con artisti di vario genere come lo scultore Francesco Coccia, il poeta Sandro Penna ed il pittore Nazareno Gattamelata. Roccascalegna vuole ricordare il suo concittadino con la mostra d’arte permanente De Laurentis dedicata all’artista scomparso.

Alla sua morte, lasciò agli eredi il compito di conservare le sue opere e di continuare la lotta in difesa della storica Villa Blanc.

Per saperne di più su Pietro De Laurentis e visionare le sue opere scarica il PDF

Roccascalegna e il Castello Medievale, fascino e mistero

Roccascalegna e il Castello Medievale
Roccascalegna e il Castello Medievale

Roccascalegna è un piccolo comune Abruzzese in provincia di Chieti, noto per il suo Castello Medievale. Il suo nome sembra derivare da “scalegna“, ossia dirupo, (francese e longobardo) in quanto il castello è posto su una rupe in roccia tagliata su un fianco. Alcune fonti attribuiscono il nome al fatto che vi era una scala in legno che permetteva di raggiungere la Rocca.

Ad ogni modo, fascino e mistero aleggiano nel Castello medievale che ha una connotazione caratteristica tutta sua. Da lontano, la vista mette in evidenza una delle torri che anticamente lo caratterizzano. Attualmente il Castello di Roccascalegna è visitabile e, al suo interno, è allestita una mostra permanente d’arte dedicata a Pietro De Laurentis.

Roccascalegna paese e il Castello Medievale

Roccascalegna è un piccolo borgo medievale che ospita poco più di mille abitanti. Posto a circa 400 metri di altezza, situato sulle colline che circondano il corso del fiume Sangro. L’origine del paese risale al XII secolo anche se, reperti di epoca romana e eneolitica, sono stati ritrovati in zona.

Alcuni monaci abitavano l’area già nell’829, inoltre, la chiesa di San Pancrazio di Roccascalegna risale al 1205. Il borgo ed il castello nascono come avamposto longobardo nel XI XII secolo d. C. L’edificazione della rocca o castello, permetteva un’ampia visuale verso il mare.

Nel corso dei secoli il castello passò di proprietà di diverse famiglie baronali e subì modifiche e restauri.

Castello Medievale di Roccascalegna

Il castello ha una posizione strategica molto suggestiva: si trova eretto su di una sporgenza rocciosa che domina sull’abitato sottostante. Dopo l’edificazione primaria longobarda, che vedeva all’attivo una semplice torretta di guardia, o torre d’avvistamento, vennero apportate delle modifiche nell’epoca baronale.

La prima menzione del castello risale al 1525, e grazie all’intervento della famiglia a cui faceva capo Annecchino Alfonso, la struttura si espanse. L’adattamento murario e l’espansione fu volta all’accoglienza di strutture in grado di ospitare le armi e cannoni.

Vediamo il nome delle torri di Roccascalegna, più alte della precedente torre dell’avvistamento originaria, e di cui una, è di forma circolare.

  • Torre dell’avvistamento
  • Torre del cuore
  • Torre del carcere
  • Torre angioina o torre delle cucine

A tal proposito, come visto, vennero costruite altre torri alcune ospitanti vari servizi come cappella, magazzino, carceri etc. La torre quadrata, la più grande di tutte, dopo il crollo venne riedificata nel 1300, e sostituita con una molto più grande.

La torre che costituiva la difesa principale del castello era composta di 3 piani. Ha conservato il suo soffitto originario, costruito in gesso e canne di fiume. Caratterizzano il portale, l’incisione di due candelabri in rilievo composti da sette braccia, simbolo della tradizione ebraica.

Gli interventi maggiori che riguardarono Roccascalegna furono realizzati durante le baronia dei Carafa tra il 1531 e il 1600. In questo periodo venne eretta la cappella del Santissimo Rosario e si migliorò le strutture di approvvigionamento dell’acqua piovana.

La torre del cuore

Tra le torri troviamo la torre del cuore con un ciondolo in basso rilievo raffigurato, somigliante appunto, ad un cuore, molto simile al ciondolo abruzzese tipico del costume e della tradizione che veniva regalato dagli uomini alle loro spose quando partivano per la transumanza: aveva il significato di un vero e proprio pegno d’amore.

Circa 80 anni fa, si verificò il crollo di una delle torri dovuto ai materiali di costruzione che si compongono principalmente di roccia arenaria.

Torre del carcere

Una delle torri denominata torre del carcere, ospita, al piano terra, alcune macchine da guerra utilizzate per la difesa di Costantinopoli, come ad esempio il lancia fiamme bizantino e strumenti di tortura in uso nell’epoca medievale (foto sottostanti). Usanze bizzarre e assurdità facevano parte del medioevo considerato, per certi versi a ragione, epoca buia.

Torre delle cucine e torre sagrestia

Alla caduta della famiglia Annecchino, subentrò la Famiglia Carafa che creò nel Castello di Roccascalegna un magazzino per le provviste posto nella torre angioina o torre delle cucine; quest’ultima ospitava appunto le cucine in cui venivano sfornate anche 22 pagnotte al giorno.

Un’ altra torre, torre sagrestia, ospita al primo pianola Chiesa di Santa Maria del Rosario, attualmente sconsacrata.

Roccascalegna e dinastia Corvo

Alla famiglia Carafa subentrò la famiglia Corvo (o de Corvis) e in particolare fece parlare di se Giuseppe Corvo che alloggiò nel castello utilizzandolo come fissa dimora, mentre la famiglia fu ospitata nel palazzo baronale situato difronte all’attuale Municipio. La famiglia Corvo regnò tra il 1600 ed il 1717, periodo in cui venne eliminato il ponte levatoio (1705) e costruita la garitta d’ingresso ed i muri laterali.

La leggenda di Giuseppe Corvo a Roccascalegna e diritto ius primae noctis

Narra la leggenda che Giuseppe Corvo avesse l’abitudine di voler passare la prima notte di nozze con la sposa delle giovani coppie del feudo che si univano in matrimonio. Il diritto primae noctis era in voga in Europa intorno al 600. Si trattava di un presunto diritto di un signore feudale, ma sembra essere frutto di un racconto popolare di cui non si hanno prove certe, secondo gli esperti.

Narra sempre la storia che, Giuseppe Corvo venne assassinato da un giovane marito geloso e che l’impronta della sua mano insanguinata, fosse ancora presente nelle struttura di una torre del castello crollata nel 1940 “la torre dell’amore”.

Ultimi proprietari di Roccascalegna famiglia Nanni Croce

Alla famiglia Corvo segue, nel 1717, la famiglia Nanni Croce che in realtà utilizzò molto poco il castello. Verso la metà del 1700 in castello rimase vuoto e conobbe due secoli di incuria ed abbandono.

Successivamente, il castello di Roccascalegna venne restaurato. L’ultimo restauro, avvenuto nel 1996 ne permise la riapertura al pubblico e la mostra permanete di opere scultoree, metalliche e dipinti di Pietro de Laurentis.

Visitare Roccascalegna: biglietti e prenotazioni

Attualmente, il Castello viene utilizzato per eventi, feste e mostre. L’ingresso per i visitatori prevede il pagamento di un biglietto di 4 euro. La prenotazione avviene per via telefonica o sul sito preposto di Roccascalegna.

Anche se noi abbiamo avuto la fortuna di recarci in sede e prenotare poche ore prima della visita due biglietti nel mese di Ottobre. La visita è supportata da una guida che, circa ogni ora, conduce i gruppi fino alla torre del cuore, illustrando la storia del castello.

Leggende e magia di Roccascalegna medievale

Interessanti anche alcune specie botaniche presenti in loco, tra cui il Terebinto o Pitacia Terebinthus, specie botanica con frutti rossi ricchi di tannino, utilizzata come porta innesto per le piante di pistacchio.

Oltre alle bellezze botaniche si trovano nel castello di Roccascalegna leggende medievali scritte ed esposte che riguardano animali di strana natura: un mostro che aleggia nel lago di Bomba, sembra sia un grande serpente. Negli scritti, si narra che nel medioevo, vi fossero strane creature demoniache, lupi mannari, Unicorni, fate e streghe, ed il folletto dal berretto rosso di Roccascalegna.

Lago di Bomba
Lago di Bomba

Il folletto dal berretto rosso, fate e streghe di Roccascalegna

Il folletto dal berretto rosso di Roccascalegna è chiamato così perché tinge il suo berretto con il sangue umano, per questo il piccolo e brutto folletto predilige i luoghi che hanno ospitato scene cruente. Il folletto dal berretto rosso è chiamato anche Mazzamuriello, in quanto se bussa all’uscio di una casa con il suo bastone per 3 volte, annuncia un lutto in arrivo.

Le buche delle fate e le streghe
Le buche delle fate e le streghe

Le buche delle fate e le streghe

Nel territorio di Roccascalegna, esistono numerosi luoghi legati a leggende su fate e streghe. Tutt’ora, tra i ruderi di una casa situata sull’antico pianoro, si manifestano strane entità luminose da alcuni definite fate, e da altri streghe.

Le fate sono, secondo la tradizione abruzzese, grandi amanti della musica, amano danzare alla luce della luna seguendo il suono di arpa e flauto, ma attenzione: se ci si avvicina troppo a loro costringono a danzare fino allo sfinimento.

Vi potrete salvare solo se qualcuno vi tappa le orecchi, (narra la leggenda). Nei boschi di Roccascalegna è presente un anello delle fate, mentre in prossimità di Torricella, sotto una grande quercia, si trova nascosta una zappa d’oro che le fate sano per i lavori agricoli.

In molti paesi dell’Abruzzo si racconta di luoghi chiamati “buche delle fate” alcune di queste si trovano a Teramo, e in località tra Campli e Civitella. Per vedere le fate si deve attendere le notti di luna piena per cogliere il loro danzare luminoso al suono di liuti e flauti.

Le fate amano vivere nei luoghi ricchi di magia, attorniate dalla natura selvaggia, tra boschi, corsi d’acqua, sorgenti, grotte e grandi rocce.

Roccascalegna e il Castello Medievale, fascino e mistero
Roccascalegna e il Castello Medievale, fascino e mistero

Le streghe di Roccascalegna

Si narra anche che le streghe, nelle notti di Sabba si divertissero a passare i neonati sul fuoco. Secoli fa la leggenda narra, di una bambina rapita dalle streghe di Roccascalegna per i loro macabri rituali. Fu portata nei boschi limitrofi, ma il padre corso in suo aiuto, affrontò le streghe e la liberò portandola in chiesa per farla benedire.

I vecchi del luogo consigliano di fare attenzione a non indispettire le streghe, specie non disturbarle nelle notti di sabba, pena la morte. Altro suggerimento in merito, è quello di non tagliare mai un albero di noce sotto il quale si riuniscono le streghe se non si vuole finire nei guai.

Infine, secondo la tradizione, mai addormentarsi sotto un albero di noce a mezzo dì perché si rischia di disturbarne i suoi abitanti, fate o streghe che siano, sono, secondo la tradizione locale, facce di una stessa medaglia.

Le fate in Abruzzo leggende e medioevo

Secondo le leggende d’Abruzzo le fate sarebbero angeli caduti dal cielo, ma non troppo cattivi da poter essere destinati all’inferno, obbligate a vivere a metà “nel regno di mezzo“.

Nel medioevo le fate non sempre erano ritenute benevole e gentili, e le madri le temeva per la cattiva abitudine di rapire neonati belli e sani e sostituirli con neonati malaticci.

Sempre nel bosco di Roccascalegna è presente una fontana magica ove è possibile vedere una vecchina che attinge l’acqua con un orcio. Ad accompagnarla vi è il fantasma di un brigante con un forziere pieno di monete d’oro.

Un luogo, quello di Roccascalegna ricco di fascino storia, arte e magia, un connubio perfetto un luogo dal sapore medievale in cui trascorrere una piacevole giornata alla scoperta della rocca, di leggende ed arte.

Nel video trovate anche un parte dedicata a Roccascalegna e alla mostra di Pietro de Laurentis

Ti potrebbe interessare:

Fate, folletti, elfi, trolls e gnomi: storia, origini e tradizioni di un mondo magico

Come ottenere un effetto biaccato in un armadio di recupero

Come ottenere un effetto biaccato in un armadio di recupero
Come ottenere un effetto biaccato in un armadio di recupero
Quanti di voi possiedono in cantina, in soffitta o in una vecchia casa un armadio a due o tre ante inutilizzato ridotto in cattivo stato? O magari una cassettiera una credenza od altro…che ne dite di ridare al vostro mobile nuova vita? Magari dipingendolo e realizzando un bell’effetto biaccato che li conferirà un’ispirazione Country e shabby chic? Bene, vediamo come ottenere un effetto biaccato o “shabbato” in un armadio di recupero.

Armadio due ante shabby
Armadio due ante shabby
Armadio due ante shabby

Come ottenere un effetto biaccato in un armadio di recupero

Per prima cosa recuperate l’armadio ed adottate una vernice che potrà creare l’effetto biaccato, ossia bianco e anticato, tipico dello stile shabby chic, caratteristico di quelle verniciature pastello che lasciano intravedere le venature del legno. Il bianco pastello lascia sui mobili un leggero velo trasparente e satinato e protegge la superficie del legno. Una tipica laccatura o verniciatura che si utilizza per i mobili shabby chic. 

Mobile effetto biaccato o shabby: occorrente

  • Armadio o mobile di recupero
  • cara vetrata da 80/120
  • Vernice shabby chalk panna o bianca
  • soluzione grigia all’acqua penetrante
  • pennelli
  • panno pulito

Armadio grezzo
Armadio grezzo

Riciclare un mobile di recupero: verniciatura shabby chic

Se il mobile di recupero da riciclare possiede della vernice preesistente, questa andrà rimossa completamente, per effettuare questo tipo di decorazione si dovrà riportare il legno al suo aspetto grezzo. Potrete procedere a mano carteggiando od usando una levigatrice, se la vernice e molto spessa utilizzate uno sverniciatore.

Asportata tutta la vecchia vernice spolverate la superficie del mobile e trattatela con una vernice acrilica grigia. Lasciate asciugare bene e poi per un effetto più coprente passate la vernice shabby chalk o in alternativa seguite le istruzioni del video dato che vi sto proponendo due metodologie diverse ed ambedue molto valide.

Utilizzate un pennello grande dalle setole morbide e stendete il colore in maniera non uniforme picchiettandolo di tanto in tanto. Questo tipo di vernice presenza una consistenza pastosa ed opaca rispetto ad un normale acrilico come quello proposto in video ed è quindi molto adatta alla decorazione di mobili dal sapore shabby. Operate la scelta che preferite e comunque sia il vostro mobile di recupero sarà molto gradevole caratterizzato da una verniciatura bianca più coprente o in alternativa leggermente velata.

Mobile shabby chic come realizzarlo in 5passi spendendo poco

Rifinire il mobile

Verniciato il mobile preventivamente preparato come descritto nel paragrafo precedente dovremo solo lasciare che asciughi bene per almeno un giorno, poi potremo passare a carteggiare leggermente con carta vetrata a grana fine. Lasciate che sulla superficie dell’armadio, si possa intravedere leggermente il grigio sottostante ma solo in alcuni punti. Infine, potrete proteggere l’armadio utilizzando una cera neutra per legno o mantenerlo così naturale in maniera che conservi tutto il suo fascino shabby.

Una soluzione molto valida per recuperare vecchi mobili o anche per realizzare un armadio due ante fai da te utilizzando un armadio grezzo. Stessa tecnica si può applicare per una cassapanca shabby chic o per altri mobili arredando la propria casa in questo magico e romantico stile che fa sognare da anni moltissime donne e non solo.

Superstizioni popolari più diffuse: le 10 più note

Superstizioni popolari più diffuse: le 10 più note
Superstizioni popolari più diffuse: le 10 più note

Le superstizioni popolari più diffuse sono molte, ma alcune vengono ritenute, dall’opinione comune, le più famose. La credenza popolare infatti, si eredita di secolo in secolo e, malgrado l’elevato livello culturale di alcune regioni, fatica a perdere consensi. Ecco così che, alcune superstizioni e credenze popolari, rimangono salde nell’immaginario collettivo. Tra esse, ne abbiamo selezionate 10, le più note in assoluto: vediamo quali sono le più temute superstizioni in Italia e in Europa.

10 Superstizioni popolari più diffuse

Ogni nazione ha, indubbiamente, le sue di superstizioni popolari, alcune nazioni ne hanno alcune in comuni che si ritrovano in più parti d’Europa e ci provengono da detti, credenze e usanze del medioevo, tra queste, quella legata al gatto nero che attraversa la strada, presagio di sfortuna. Allo stesso modo vi sono anche superstizioni positive come ad esempio quella di baciarsi sotto il vischio.

1#Gatto nero che attraversa la strada

La superstizione dei gatti neri, tra l’altro bellissimi, come altri animali neri, deriva dall’accumunarli al mondo delle streghe o wicca in cui. il gatto, veniva considerato come l’animale delle streghe per eccellenza, insieme al gufo, e alla civetta. Dal gufo deriva il detto “gufare” ossia portare sfortuna. La civetta ed il suo canto sono da intendere come presagio di sfortuna e morte.

Nel medioevo si riteneva che le streghe potessero trasformarsi in gatti neri. I gatti vedono al buio, inoltre, si pensava che il gatto nero per il suo colore scuro potesse camuffarsi nella notte e compiere chissà quali atti proibiti e demoniaci.

Ricordiamo che la stregoneria, un tempo, era molto temuta: nel Medioevo furono giustiziate bruciate vive 110.000 donne oltre a Matteuccia, dichiarate streghe dal tribunale dell’inquisizione.

gatto nero
Gatti

2# Passare sotto una scala aperta

Passare sotto una scala aperta, sia che sopra ci sia una persona ad utilizzarla, che non, è ritenuto tra le superstizioni popolari comuni, una cosa che porti sfortuna e dunque, va evitato di farlo.

Con molta probabilità, questa credenza popolare deriva anch’essa dal medioevo e dal fatto che con le scale si assaltavano le mura dei castelli, o le città. Passare sotto le scale o anche salirle poteva significare rimanere uccisi dalla colata di olio bollente o altro.

scala
Scala

3# Spazzare i piedi ad una giovane ragazza nubile

Vien da sorridere, ma per molti non fa sorridere per nulla: si crede che spazzare inavvertitamente i piedi ad una giovane ragazza nubile, posso essere di malaugurio per lei e le sue ipotetiche future nozze. La superstizione dice che la ragazza a cui si spazzano i piedi non troverà più marito.

4# Attraversamento di un carro funebre e gesti di scongiuro

Altra superstizione popolare, per nulla empatica, è quella che ritiene che veder passare un carro funebre porti male. Da qui l’usanza di farsi, quanto meno, il segno della croce, seguito dalle corna.

Sebbene farsi il segno della croce sia un atto di rispetto nei confronti del defunto, non lo è affatto il fare le corna, toccare ferro, gesto tipicamente Italiano (in Europa si tocca il legno), o toccare le parti intime maschili in segno di “scongiuro“.

La superstizione del carro funebre deriva dal medioevo e precisamente dalle pestilenze che si verificarono negli anni che vanno dal 300 al 500 periodo in cui la peste uccise numerose persone, ed i carri funebri potevano rappresentare pericolo di contagio.

4# Rompere uno specchio: 7 anni di disgrazia

Sicuramente, una delle superstizioni più note e temute, è quella della rottura dello specchio. Rompere uno specchio preannuncia Sette anni di sfortuna e disgrazia: cosa che sanno tutti e che incute timore. Ma come fare se si rompe uno specchio e si teme la sventura?

Un altro detto popolare ritiene che versarvi sopra del sale da cucina possa scongiurare le future disgrazie preannunciate. Nel medioevo, si era convinti che gli specchi potessero rubare l’anima di chi ci si specchiava, tant’è che vennero proibiti, in un certo periodo storico, dalla chiesa.

Ma attenzione, perché se per annullare l’effetto specchio / sfortuna si utilizza il sale, versare il sale è considerato un gesto sfortunato. Sin dai tempi più antichi il sale era prezioso e merce rara e farlo cadere a terra portava sfortuna. C’era miseria, ed i militari stessi venivano pagato con il sale (tanto per farci un’idea della preziosità del sale).

In effetti al sale vengono attribuiti sia significati benevoli che nefasti. Un altro di questi è l’usanza di “buttarsi il sale dietro“. Ma che significa buttare il sale dietro?

Anticamente si riteneva che il diavolo si sedesse dietro la spalla sinistra delle persone, motivo per cui gettare il sale dietro alla spalla sinistra era considerato un buon metodo per scongiurare gli influssi malefici. Ecco che si chiarisce il perché del gettare sale su uno specchio rotto.

6# baciarsi sotto il vischio è di buon auspicio

Baciarsi sotto il vischio è una tradizione legata ad una superstizione positiva. Il vischio simboleggia un vincolo sacro e di buono augurio. Mettere un rametto di vischio sulla porta o sopra il focolare significava, per i Sassoni di un tempo, che il proprietario di casa non avrebbe ucciso ne fatto alcun male ai suoi ospiti. Il rametto di vischio indicava che gli ospiti sarebbero stati sotto la sua protezione.

Vischio e proprietà terapeutiche - Viscum album
Vischio e proprietà terapeutiche – Viscum album

Per questo il vischio venne utilizzato nelle feste e nel solstizio d’inverno (21 Dicembre), periodi in cui spesso si assisteva a risse cruente. Secondo la mitologia greca, invece, il vischio rappresentava i testicoli di Urano che cadendo in mare per via di Crono che glieli recise, diedero vita ad Afrodite. La mitologia nordica, invece narra che il vischio fosse dedicato alla Dea dell’amore chiamata Frigg.

Tante le leggende popolari e le credenze che riguardano il vischio, quel che è certo è che viene utilizzato a Natale e ritenuto di buon auspicio. Le giovani coppie che si baciano sotto il vischio la notte di Capodanno si ritiene che avranno un futuro felice.

7# superstizione legate al matrimonio: lo sposo non deve vedere la sposa e l’abito, giarrettiera, taglio della torta

Le superstizioni legate al matrimonio, alla sposa e sposo sono molteplici ma quattro in particolar modo sono diffuse e comuni:

  1. Lo sposo non deve vedere la sposa il giorno prima delle nozze. In particolar modo lo sposo non deve vedere l’abito indossato dalla sposa perché è di cattivo auspicio.
  2. Il portare la giarrettiera è di buon auspicio e il lancio della giarrettiera ai ragazzi. Declamerà che, chi la acciuffa, si sposerà con una donna bella e fertile. Anche questa è un’usanza derivante dal medioevo, periodo storico in cui si riteneva che l’abito della sposa fosse sacro e di buon auspicio, tant’è che gli ospiti ne strappavano un pezzetto. Poi nel tempo, l’interesse si focalizzò solo sulla giarrettiera che lo sposò getta agli scapoli presenti.
  3. Il lancio del bouquet declama che la ragazza nubile che lo raccoglie si sposerà antro l’anno.
  4. Il taglio della torta nuziale andrà fatto dai due coniugi perché è di buon auspicio. La torta viene tagliata dalla sposa mentre tiene la mano dello sposo, questo rituale sembra predire la nascita di figli. Sempre legata alla torta, c’è una superstizione risalente ad epoca romana che imponeva il taglio della torta sopra la testa della sposa per predire fertilità, mentre le briciole che cadevano nel taglio erano considerate da raccogliere al volo, in quanto portatrici di buona fortuna. Come augurio di buona fortuna, tutti gli invitati dovevano consumarne una fetta, tant’è che anche agli assenti ne veniva riservata una. Nel medioevo, a tale scopo, venivano preparate tante piccole torte riservate ognuna ad ogni ospite.
Matrimonio e Covid
Matrimonio

8# Gettare una moneta nella fontane o in un pozzo

Un’usanza simpatica, ben nota, che molti turisti amano compiere quando visitano città, è quella di gettare una monetina nelle fontane grandi e famose come la fontana di Trevi a Roma o anche alcuni pozzi antichi e noti. Questa usanza deriva dalla mitologia antica.

Si riteneva che nei pozzi, e nelle fontane, vi soggiornassero alcune divinità. Quindi gettare una moneta nel pozzo o gettare una moneta in una fontana serviva per esprimere un desiderio e chiedere la sua realizzazione agli Dei dando come pegno una moneta. Un’usanza simile è quella del lucchetto che unisce due persone su cui vanno scritti i nomi dei due fidanzati: ponte vecchio a Firenze ne è la testimonianza.

Medioevo e fonti sacre

Nel medioevo, inoltre, vi erano delle fonti d’acqua ritenute sacre che venivano frequentate dalle persone malate che vi gettavano monete e chiedevano la grazia. Le monete poi venivano raccolte e finivano nelle casse dei vescovi locali.

9# Giorni maledetti: di Venere e di Marte non ci si sposa e non si parte

Di Venere e di Marte “Venerdì e Martedì” non si sposa ne si parte. Chi non ha sentito dire questa frase? Così come la credenza popolare ritiene che nei mesi con la R il sole faccia male, sempre la credenza popolare indica che in alcuni giorni della settimana non sia proficuo partire ne sposarsi. Anche in questo caso, l’origine della superstizione popolare è risalente al medioevo.

Il “chi ride di Venerdì piange di Domenica” è un detto che viene collegato alla morte di Gesù avvenuta di Venerdì quindi seconda la religione il Venerdì giorno in cui Cristo fu crocifisso, è un giorno di Penitenza. Ridere di venerdì vuol dire poi, aspettarsi una brutta giornata la Domenica. Credere? Non credere?

Per quanto concerne il Martedì giorno sfortunato la spiegazione è ancor più semplicistica: deriva dal fatto che Marte era il Dio della guerra e della discordia, ed il Martedì, era il giorno dedicato a lui.

10# Numeri fortunati e numeri sfortunati: 13, 17 e non solo

Anche la numerologia da ad ogni numero un suo significato. Secondo Pitagora i numeri non sono altro che forme di energia e come tali, hanno le proprie peculiarità.

Vi sono numeri perfetti come il 3 che rappresenta la triade sacra, o il 7 perfezione e felicità; ed altri numeri considerati nefasti, come il numero 4 con doppia polarità come tutti i numeri pari. Venerdì 17 è poi considerato un giorno e un numero sfortunato per eccellenza, mentre il 13 in Italia è considerato un numero fortunato (ma non in altri paesi) o il numero 10 considerato magico.

Per conoscere il significato dei numeri, e se sono fortunati o sfortunati vi consiglio i due articoli sottostanti.

Numeri e significati dall’ 1 al 10 lettere e pianeti connessi

Numeri e significati esoterici interpretazione dall’11 al 21

Siamo giunti alla fine di questo articolo. Abbiamo preso in esame alcune superstizioni popolari più diffuse: le 10 più note, altre simpatiche, altre meno note, sperando di soddisfare la curiosità che vi ha portato a leggere questa bizzarra carrellata di superstizione e le origini di alcune di esse.

Olive nere sotto sale come conservare le olive in salamoia

Olive nere sotto sale come conservare le olive in salamoia
Olive nere sotto sale come conservare le olive in salamoia

Olive nere salate, quante volte le avete acquistate e vi siete chiesti come fare a conservarle producendole da soli in casa? Magari il vostro alberello di olive o quello del vicino ha prodotto tante succose olive e avete deciso di conservarle ma non sapete come fare? Nulla di più facile. Le olive nere sotto sale sono facili da fare, e consentono di conservare il frutto per diversi anni: vediamo come fare per preparare in casa delle ottime olive in salamoia, o sotto sale.

Olive nere sotto sale: come conservare le olive con il sale

Fare delle Olive nere sotto sale, è sicuramente il metodo più semplice per addolcire le olive consentendone la conservazione e la consumazione in casa per lungo tempo. Se avete molti chili di olive potete anche decidere di produrre olio di oliva in casa, procedimento non difficilissimo ma che richiede tempo e un po’ di pratica è un piccolo torchio. Per fare le olive in salamoia, invece, la prima cosa da comprendere è quale sia il giusto grado di maturazione.

Come capire se le olive sono mature?

Le olive nelle fasi di maturazione virano dal verde al rosa scura viola fino al nero. Possiamo usarle in ogni fase di maturazione, ma per la preparazione di olive sotto sale, consigliamo quelle viola o nere, belle mature. La foto che ritrae le olive da verdi a nere può esservi d’aiuto. Una volta compreso quali e quando cogliere le olive, faremo una ella raccolta e le metteremo in bacinelle capienti per poi prepararle a dovere.

Per preparare le olive sotto sale è preferibile utilizzarle il prodotto fresco, le olive appena raccolte daranno il risultato migliore per la produzione di tanti barattoli di olive gustose e ben conservate da utilizzare in ogni momento sia crude che cucinate, magari utilizzate per accompagnare arrosti di carne o fresche insalate, le olive nere in salamoia sono davvero molto versatili.

Come capire se le olive sono mature?
Come capire se le olive sono mature?

Olive nere sotto sale come procedere: 2 metodi

Per prima cosa, dovrete procurarvi delle olive nere che abbiano raggiunto la maturazione. Quindi, il loro colore, deve essere nero o virare quasi totalmente al viola, nero. Le olive non maturano tutte insieme, ma per questa preparazione occorrono le olive ben mature. Una volta selezionate quelle sane e mature, andranno lavate bene e più volte, con semplice acqua del rubinetto e scolate.

Potete utilizzare direttamente dei barattoli ruotandoli ogni 24 ore, o procedere con lo scola-pasta mettendovi sotto un’insalatiera. Ponete a strati, le olive nere ed il sale grosso. Lasciate riposare.

Successivamente dovrete agire come segue: ogni 24 ore, rimestate, ed aggiungete un po’ di sale grosso, eliminando l’acqua che si deposita nell’insalatiera sottostante. Dovrete ripetere questo procedimento praticamente ogni giorno per ottenere le vostre olive salate e ben conservate da consumare cotte o crude.

Dopo una decina di giorni le olive saranno pronte. Potrete condirle o essiccarle per 1 ora nel forno a 50 gradi centigradi e poi condirle a vostro gusto.

Questi due metodi per conservare le olive sotto sale sono entrambi ottimi per preparare le olive nere sotto sale. Le ricette per le olive nere sotto sale sono molteplici ognuna varia un poco, ma la percentuale di sale grosso rispetto alle olive dovrà essere di circa il 50 % o poco più. Se poi risultassero troppo salate si potranno sciacquare e asciugare per poi condirle a piacere.

Se il sapore è davvero troppo forte potrete lasciarle immerse in acqua dolce per alcune ore togliendo il sale in eccesso è rendendo il gusto più gradevole.

Olive in salamoia fatte in casa
Olive in salamoia fatte in casa

Come fare olive nere in salamoia: procedimento

Questa ricetta prevede l’utilizzo dell’acqua e del sale. Si usa sempre il sale grosso ma le olive potranno essere sia mature che mezze verdi o rosate, od anche verdi del tutto. La ricetta per le olive in salamoia si discosta un po’ da quelle precedentemente illustrate. La conservazione in salamoia delle olive serve ad utilizzare le olive per tutto l’anno anche fuori stagione. La ricetta prevede l’utilizzo dei seguenti ingredienti:

  • Acqua
  • Sale
  • Fogli di alloro
  • Rosmarino o salvia per aromatizzare
  • Peperoncino od altro per condire e insaporire

Selezionate le olive eliminando quelle rovinate o troppo molle. Lavatele bene, ed eliminate eventuali foglie e olive rovinate. Ponetele in acqua e sale, aggiungendo il sale grosso, un paio di pugni ogni chilo di olive (circa 120 -150 gr). Cambiate l’acqua ogni 2 giorni rimestando le olive tutti i giorni e aggiungendo poco sale. Dopo una decina di giorni saranno pronte.

Come lavare le olive
Come lavare le olive

Potrete lavarle, scolarle e condirle come preferite o preparare la salamoia definitiva preparando 1 litro di acqua e aggiungendo 60 gr di sale. Per preparare le olive verdi in salamoia occorrono circa 3 mesi, per quelle nere o quasi mature invece solo 10 – 15 giorni.

I procedimenti sono molteplici e le ricette anche ma vi consiglio di seguire i vostri gusti, sia in termine di aromi che di “salatura”. Conservate le olive preparate in barattoli di vetro fatti bollire in acqua per circa 1 ora, questo servirà a sterilizzarli.

Per una conservazione più duratura delle olive vi consiglio, dopo aver riempito i barattoli di chiuderli e porli a testa in giù facendoli bollire per circa 20 minuti. Questo sterilizzerà ulteriormente il contenuto evitando la formazione di muffe.

In queste 3 ricette abbiamo visto come preparare le olive nere sotto sale come conservare le olive in salamoia ed i procedimenti che si possono mettere in atto per preparare e gustare le olive fatte in casa.

Ti potrebbe interessare

Se avete un albero di olivo o più piante, potrà interessarvi sapere “come irrigare un uliveto“. Dietro ad una buona produzione di olive vi è sempre una valida coltivazione delle piante. Infine, vi lasciamo un’articolo anche su come produrre l’olio d’oliva in casa, che anche se con poche piante si potrà preparare in casa propria con grande soddisfazione.

2% – Due Per Cento – nuovo brano di Lolloflow Lorenzo Gennaro: intervista all’autore

2% - Due Per Cento - nuovo brano di Lolloflow Lorenzo Gennaro: intervista all'autore
2% - Due Per Cento - nuovo brano di Lolloflow Lorenzo Gennaro: intervista all'autore

Un periodo ricco di emozioni e produzioni per Lorenzo Gennaro in arte Lolloflow. Proprio in questi giorni con l’inizio della seconda serie di Mare Fuori sentiremo, oltre alla super affermata sigla O’ Mar’ For’ di cui troviamo testo e traduzione nell’articolo dedicato, brano che ha raccolto in meno di 1 anno ben 6 milioni di ascolti, anche altri due brani musicati da Lolloflow e cantati da Matteo Paolillo, attore della serie Mare Fuori.

Ma Lorenzo Gennaro oltre ad essere un producer è anche un cantante, motivo per cui alcune delle sue composizione musicali sono anche cantate da lui stesso. E’ il caso della sua nuova uscita 2% “Due per Cento”, un brano che parla d’amore ma anche della crescita e del dolore che si possono avere da un amore deluso o finito.

Abbiamo intervistato per voi Lorenzo Gennaro, in arte Lolloflow per saperne di più circa la sua vita professionale, e non solo.

2% “Due per cento”: Lorenzo, ci racconti come nasce la canzone?

Prima della nascita di questo brano non ero molto solito raccontare della mia vita sentimentale, ma nel periodo in cui l’ho scritta, mi trovavo in una dinamica che non vivevo da un po’: mi stavo innamorando di una persona. e questa cosa mi rendeva felice ma al contempo agitato. Di conseguenza, ho voluto fare un’ analisi dettagliata delle mie scorse relazioni e degli errori compiuti e molto spontaneamente, ho riportato tutto su di una base che avevo prodotto diverso tempo addietro. Il risultato infine è 2%, canzone che guarda al passato con fare nostalgico, ma con l’ottimismo di chi riesce a crescere e migliorare superando quello che può essere definito un amore tossico.

2 % parla di un percorso sentimentale contorto: come ne sei uscito? Ti va di raccontarcelo?

Sbagliando e risbagliando come tutti. Credo che in gran parte la nostra maturità sia dovuta dagli errori commessi, volontariamente e non. Dopo un lungo periodo di sbagli arriverà sempre quel momento di rivalsa in cui puoi davvero dimostrare e mettere in pratica ciò che sei diventato, e ciò che hai imparato. Spesso, mi piace dire che soffrire è il mezzo per trasformarsi in una grande persona, e ne sono fermamente convinto. Le persone sensibili che soffrono, credo posseggano una marcia in più: 2% “Due per cento” parla anche un po’ di questo.

La collaborazione musicale in Mare Fuori 2 proseguirà sicuramente il successo della sigla da te prodotta O’ Mar’ For’: come sono nati i due nuovi brani?

I due brani, ‘O mar fa paura e Sangue nero, sono nati in due modi diversi. ‘O mar fa paura è stata prodotta da me e scritta da Matteo Paolillo, attore della serie e successivamente richiesta dai registi della serie RAI di Mare Fuori 2. E’ un brano che parla dell’amore e della paura che può scaturire innamorandosi.

Mentre Sangue Nero ci è stata commissionata dalla RAI per rafforzare alcuni eventi narrativi presenti in diverse puntate della serie, quelli che riguardano la violenza nella sua globalità ma, in particolar modo la violenza di genere, quella che colpisce il mondo delle donne e che, attualmente è diventata una piaga sociale che desta preoccupazione.

E’ difficile inserirsi in queste realtà lavorative per un giovanissimo come te?

Una canzone che ho scritto poco fa… e che forse sentirete prossimamente parla proprio di questo. Se è difficile? Assolutamente si. Il panorama musicale offre enormi soddisfazioni, ma come diceva un giovane saggio…”più soldi più problemi“.

Come è nata la collaborazione ormai consolidata con Matteo Paolillo e la Suba Crew?

La collaborazione tra noi è nata diversi anni fa, quando sia io che Matteo Paolillo (Icaro) e Pietro Jellinek (PJ) frequentavamo, anche se con indirizzi diversi, il Centro Sperimentale di Cinematografia. Da una bella amicizia è nato il collettivo Suba Crew e, anche se nel tempo ci siamo concentrati anche su lavori individuali di cui sono comunque il producer, la Suba è tutt’ora un gran bel progetto su cui stiamo lavorando. Non temete!

Hai altre sorprese prossime nel cassetto? Musicalmente parlando?

Ne ho pure troppe in realtà. Nei prossimi mesi usciranno dei gran bei progetti e riguarderanno non solo Lolloflow, Icaro e PJ, ma anche altri artisti con cui sto collaborando. Non vedo davvero l’ora.

Lorenzo Gennaro Lolloflow
Lorenzo Gennaro Lolloflow

Ma chi è Lolloflow? “Ragazzo Indaco” come da te descritto in un tuo brano

Lolloflow credo sia un alter ego più piccolo. Adoro questo nome d’arte perché, quand’ero bambino, mi chiamavano sempre Lollo, ciò mi riporta alla mente bei ricordi.

Il primo a nominarmi così fu PJ, al tempo mi chiamavo semplicemente Flow, che era il nome d’arte che usavo nell’ ambito dell’ Hip Hop come ballerino di break dance.

Il mio quindi, è un nome d’arte nato per mezzo di un gioco di parole che fece PJ: ricordo che me ne innamorai subito! Il concetto del Ragazzo Indaco, che cito nel brano “Tornare Bambino“, è molto complesso, posso però dire che riguarda una generazione di ragazzi particolarmente sensibili e con delle “doti soprannaturali”: mi sento così, diverso ed unico :-).

Migliorare il rendimento aziendale: benefit, regali e tecniche motivazionali

Migliorare il rendimento aziendale: benefit e regali e tecniche motivazionali
Migliorare il rendimento aziendale: benefit e regali e tecniche motivazionali

Migliorare il rendimento aziendale è il fulcro di ogni azienda che voglia avere il massimo del profitto in modo da poter offrire un numero maggiore di posti di lavoro e rendere migliore la vita del dipendente alzando il suo livello motivazionale. Vedremo come le due cose “rendimento” e “motivazione” siano fortemente connesse tra di loro e di come influiscano anche l’ambiente di lavoro, i benefit ed i regali.

Migliorare il rendimento aziendale: benefit e regali

Numerose ricerche dimostrano che rendimento e performance vivano in forte correlazione tra loro, e che entrambe, siano connesse alla capacità dell’azienda di raggiungere un altro livello motivazionale dei dipendenti. Gli elementi che permettono di raggiungere i migliori risultati sono molteplici, tra essi, si collocano anche benefit e regali.

Tecniche motivazionali: responsabilizzazione

Tecniche specifiche consentono di misurare l’impatto del rendimento del dipendente verso l’azienda. Alcune compagnie di fama mondiale, dopo diversi studi, sono giunte alla conclusione che il dipendente che si sente responsabile del suo lavoro e dell’azienda per cui lavora, soddisfa alcuni bisogni emotivi e, al tempo stesso, è più soddisfatto.

Quindi la compartecipazione del dipendente allo sforzo comune determina la crescita aziendale e da i suoi migliori frutti. L’azienda, dal canto suo, può contare su dipendenti impegnati al 100 % e decisamente leali. Il dipendente motivato è un dipendente fedele, ed è un ottimo lavoratore che punta alla crescita della propria azienda, e ne trae beneficio a sua volta.

Comportamento motivazionale: benefit e regali

Come visto, il dipendente nell’azienda andrà investito di responsabilità e gratificazione, ma concorrono alla crescita aziendale, anche altri fattori: quelli legati al benessere e ai premi. I benefit, sono tra questi: ricordiamo i buoni pasto, le assicurazioni sulla salute, l’automobile in dotazione, il telefonino o il computer, benefit volti ad accrescere la stima del dipendente nei confronti della sua azienda.

I regali aziendali poi, sono degli extra sempre molto graditi ai dipendenti. Tra i regali ed i gadget promozionali di vario genere, si collocano anche i buoni vacanza, le cene aziendali, i regali aziendali per le festività. Altrettanto importanti gli extra economici elargiti dopo una buona commessa, od anche a fine anno, per ringraziare i dipendenti della crescita dell’azienda.

Migliorare il rendimento aziendale: benefit e regali
Migliorare il rendimento aziendale: benefit e regali

Regali personalizzati per azienda

I regali personalizzati rientrano, senza dubbio, tra i doni che rappresentano un brand o un’attività, e che possono essere elargiti a clienti e dipendenti.

La personalizzazione degli oggetti più svariati, permette di mettere in risalto il “dono aziendale”. Spesso si tratta di oggetti di uso comune, come penne, accessori da scrivania, power bank, borse e sacchette con logo in tessuto, cappellini e t-shirt, gadget e regali d’impresa originali.

Gadget di lusso o gadget economici?

Eventi, anniversarie e festività, possono essere accompagnati e promossi con prodotti personalizzati che consentono di regalare un presente e rafforzare l’evento, nonché il brand, magari con un messaggio. Eventi di lusso richiedono gadget di lusso, mentre per eventi tradizionali andranno benne anche gadget economici.

Le borse in tessuto, ad esempio, rappresentano un regalo personalizzato perfetto per il merchandising e la pubblicità, così come lo sono le penne e le agende. Allo stesso modo si rivelano regali utili per chi li riceve.

Produttività e piano Welfare

Contrariamente a come si è portati a credere, non bastano premi produzione, regali e gadget per rendere produttiva un’azienda e ottenere il miglior rendimento dai propri dipendenti, ma occorre di più. Questo “di più” prende il nome del “piano Welfare” una tecnica aziendale che racchiude un insieme di strategie composte da beni e servizi che l’impresa o l’azienda, decide di erogare ai propri dipendenti in relazione ai reali bisogni di ognuno.

Come funziona il piano Welfare aziendale?

Numerosi studi in merito hanno evidenziato che gli elementi che possono influenzare positivamente il lavoratore nello svolgimento delle sue mansioni sono 3:

  1. LA DIREZIONE: con essa si intendono le attività assegnate al lavoratore e le sue funzioni;
  2. L’INTENSITA’, intesa come l’impegno osservato nello svolgere il proprio ruolo e relativi compiti;
  3. LA PERSEVERANZA messa in atto nella risoluzione degli ostacoli e degli imprevisti che si presentano quotidianamente.

La motivazione e il coinvolgimento

Motivazione e coinvolgimento, sono due fattori fortemente connessi nel raggiungimento dei risultati migliori a livello sia di profitto, che di responsabilizzazione del dipendente.

Il coinvolgimento non è un fattore che si verifica in maniera lineare e può variare a seconda dei periodi e da persona a persona, ma ad ogni modo, nel tempo, si assiste ad un intensificazione del legame tra collaboratore ed azienda che rafforza la possibilità di crescita della stessa, specie se viene attivato anche un concetto di responsabilizzazione equa e meritocratica.

Interscambio produttivo tra azienda e dipendente

Il riconoscimento dei meriti, attuato mediante promozioni, benefit e regali crea un interscambio produttivo tra l’azienda e il dipendente consentendo al soggetto “in quanto uomo” di vivere la propria vita con appagamento sul piano personale, raggiungendo un equilibrio tra vita lavorativa e privata.

Bisogna tenere a mente che il benessere del dipendente è dovuto alla risultante di diversi fattori in cui benefit e regali, non rappresentano solo un valido modo per darsi il Buon Natale, ma rientrano anche in un metodo utile al raggiungimento di un equilibrio sano e proficuo tra datore e dipendente.

Benefit e regali rappresentano  anche un modo per darsi il Buon Natale
Benefit e regali rappresentano anche un modo per darsi il Buon Natale

Regali e gadget per i clienti: servono?

Così come regali e gadget sono elementi in grado di rafforzare il rapporto tra datore di lavoro e dipendente, lo stesso principio è valido anche nella costruzione di sani rapporti di lavoro e collaborazioni tra imprese e clienti. Stima, fiducia e “attenzioni” fatte di gadget personalizzati e regali contribuiscono a creare un legame più forte e duraturo nel tempo.

Ti potrebbe interessare:

Progettazione di carta intestata aziendale: gli errori più comuni